Capitolo VI. GLI ESERCIZI GUERRESCHI E LE FESTE CIVILI Senza pur leggere le men dilettevoli pagine de’ cronisti, basta il ricordo dei novellieri o di qualche aneddoto celebre per avere un’idea vivace della vita del popolo italiano nell’età di mezzo, di quella vita che ha per caratteristica la mancanza di ogni intimità nelle cerimonie domestiche e nell’uso più comune della minuta attività popolare. Come la gente di popolo lavorava per lo più, non appena consentisse la stagione, dinanzi all’uscio della propria casa od allo sporto della propria bottega, come i borghesi, per esempio, preparavano panche o alti gradini di qua e di là della porta delle loro dimore, perchè ivi amavano sedere in argute conversazioni con gli amici, mentre talora le donne si affacciavano alle finestre scambiando qualche motto; i grandi, i gentiluomini avevano le loggie che tratto tratto si animavano e rilucevano per le riunioni di parentado o di consorti. La intensa partecipazione di ciascuno alla cosa pubblica, il carattere religioso impresso ad ogni manifestazione di vita collettiva o civile, aiutavano ad attrarre il popolo nelle vie o nelle piazze per ogni occasione di solennità o di celebrazione, e queste avevano forme di processioni o di parate, di giuochi o di pubblici spettacoli, nelle quali forme tutte agli occhi nostri predomina l’elemento pittoresco, non foss’altro per il contrasto tra la fosca maestà dei palazzi, o l’angustia delle strade dalle vaste ombre, e la bellezza delle vesti dalle fogge eleganti e dai vivaci colori. A Venezia, dove più che in ogni altra terra italiana la vita cittadina aveva per mèta le piazze intorno a San Marco od al palazzo dei dogi, dove la mitezza del clima e la garbatezza della gente arguta sembravano unirsi in festa agli aspetti singolari della città e della folla commista di tanti forestieri, le feste ebbero infatti una loro particolare impronta che molte volte parve anche a’ contemporanei maravigliosa. Sin dall’età più remota, forse per desiderio di gaiezza nel riposo dopo le dure fatiche delle lunghe assenze, forse per quel bisogno di starsene all’aperto in un paese che non ha l’immediato respiro della campagna ed è rinserrato dalle lagune, non si credeva, neppure dagli spiriti più religiosi, che sconvenissero i pubblici sollazzi; si credeva anzi che essi fossero un mezzo sagace di soddisfazione popolare ; così che vediamo, per esempio, Pietro Dalla Chronologia Magna (c. 155 b).