396 CAPITOLO XI. scimento: nelle tavole dei primi rozzi pennelleggiatori e nei dipinti degli artisti quattrocenteschi; nelle carte dei disegnatori inesperti e nelle pergamene di pazienti alluminatone. Così certi particolari della vita veneziana dell’evo mezzano, ne rischiara quel Giannino Cattaneo, che illustrando ingenuamente la Deca di Livio, ci fa vedere sullo sfondo di Venezia*2), il senatore col mantello ornato di pelliccia, il soldato e il popolano col cappello a larghe tese. Alcuni giovani portano le nuove mode delle calze strette ; altri indossano la toga e il cappuccio; la toga è cucita e prolissa sino ai piedi, o stretta alla vita da una cintura di cuoio, con maniche lunghe e chiuse, o corte e che lasciano uscire quelle della sottoveste; il cappuccio lascia talvolta veder sotto la cuffia bianca, tal’ altra è coperto dal cappello. Ritroveremo altri disegni di costumi in due manoscritti men conosciuti: la Leggenda di Santa Margherita (3> e un curioso Codice erbario <4>. In un terzo manoscritto veneziano trecentesco, da noi già citato, che descrive l’andata di Ludovico di Francia al purgatorio di San Patrizio in Brettagna®, vediamo gli uomini con una specie di corno alla ducale in capo, o col lungo berretto rivolto sull’omero e con il frontale molto sporgente e acuminato, con le vesti allacciate al collo e lunghe non oltre il ginocchio, le maniche larghe e le calze strette alla gamba; le donne con le treccie annodate a mo’ di ghirlanda, con abiti a lungo strascico e il busto corto, molto scollato, con le scarpe che si stendono oltre il piede e hanno la punta rivolta all’insù. E un codice del principio del secolo XV, che tratta della ,venuta di papa Alessandro IH a Venezia (6), ritrae ancora costumi trecenteschi in alcune miniature, che ci mostrano il doge, col manto chermisino e il bavero di ermellino, e i consiglieri con manti verdi, rossi, violetti, e berretti rotondi, o cuffioni bianchi in capo. Un altro codice, di età meno antica <7>, rappresenta gli abbigliamenti e le cerimonie dei ricchi cittadini originari, ammessi agli uffici della Cancelleria. Contiene esso le memorie della famiglia cittadinesca Freschi, e le figure a colori rappresentano le foggie di varie generazioni, cominciando con Tomaso Davide Freschi (n. 1367, in. 1452), che si sposò prima con una Caterina e poi in seconde nozze con una Elisabetta, e continuando col figlio di lui Giovanni Davide (n. 1413), che dalla moglie Elisabetta Penzina ebbe Beatrice (n. 1451), sposa di Pietro Baffo, Zaccheria (n. 1456), segretario dei Dieci, che si unì a una Dorotea, e Davide, che nel 1497 impalmò Maria Bianco. Quest’ultimo maritaggio fu festeggiato, alcuni giorni prima della sua celebrazione, dallo sposo e dai parenti più stretti, che si fecero vedere in veste patrizia rossa, con la stola di velluto nero. Nel dì delle nozze, la sposa indossava un abito a lunghissimo strascico di drappo di seta bianca, con maniche aperte, scendenti fino a terra, fascia ornata di perle in testa, smaniglio al collo e pettorina rilucente di gemme. I sonatori con le trombe della Corte ducale precedevano (1) La mariegola dei pelizeri d'ovra vera (1334), la promissione del doge Andrea Dandolo (1342), il capitolare degli ufficiali sopra il Lido, le mariegole delle scuole di Santa Maria di Vaiverde e di San Giovanni Evangelista, il capitolare dei consiglieri ducali, i capitolari dei procuratori di San Marco (1367), la mariegola della scuola di San Teodoro, la cronaca di Rafaino Caresini. Questi ed altri codici miniati sono custoditi nell’Archivio di Stato e nel Museo civico Correr. (2) I principali elementi dei disegni derivano da Venezia : troviamo spesso, a sfondo delle vedute, cupole copiate da quelle di San Marco, e porte e finestre dalle decorazioni archiacute flamboyantes, e sarcofagi che ripetono il tipo del monumento sepolcrale veneziano del Trecento. Fogolari, op. loc. cit. (3) La leggenda di Santa Margherita in versi veneti del sec. XII, con figure, è nel ms. Marciano Ital. 13 del fondo antico cioè il famoso codice di antichissimi testi poetici dell’alta Italia, fatto conoscere dal Mussafia e da altri. La scrittura è del secolo XIV : il testo fu pubblicato, secondo la lezione del Marciano e di altri mss., da B. Wiese, Eine altlombardische Mar-garethen-legende, Halle, Niemayer, 1890. (4) De Toni, Sopra un codice-erbario medioevale, in « Atti del R. Ist. Ven. », 1897-98, t. IX, serie VII. (5) Vedi addietro pag. 307, n. 2. (6) Leggenda dei gloriosi apostoli Pietro e Paolo, di S. Alban e della venuta a Venezia di Alessandro III, Museo Correr, Cod. membr., Bibl., Cod. Correr, n. 1497. (7) Memorie delVill. Famiglia Freschi. Ms. Svajer alla Marciana, It. cl. VII, 165. — Cfr. J. Morelli, Operette cit. voi. I, pag. 147 segg.