394 CAPITOLO XI. particolarmente delle nozze, ordina che il costo del corredo nuziale non oltrepassi le quaranta lire di grossi, frena il lusso delle vesti, determina il valore delle perle, degli ornamenti d’oro e d’argento, dei panni d’oro e dei velluti. Le donne poi di qualunque condizione che abitavano Venezia non potevano portare « bochetam (og-« getto d’oro ingioiellato) vel bochetas vel aliqua alia jocalia similia et loco boche-« tarum, nec etiam cingulum vel centuram aliquam, nec bursam supra qua sint perle < vel margarite, nec centuram aliquam argenti que excedat valorem ducatorum XX, « nec cultelinos qui cum vagina et catenella excedat valorem ducatorum X, nec a « manu axolas (asole, fermagli), que excedant valorem ducatorum X prò quolibet « cavezadum a manu ». Quanto agli uomini, a nessun ragazzo erano consentiti ornamenti d’oro, d’argento, di perle, di velluto, di pelli di vaio, d’ermellino e simili, permettendosi solamente, dagli anni dodici ai venticinque, l’uso di cinture e cingoli, non eccedenti il prezzo di venticinque ducati(1). Il senato continuava a mandar fuori editti, modificando o riassumendo gli antecedenti : ora proibiva le maniche troppo lunghe e foderate di ricche pelli <2\ ora non permetteva alle spose di portare vesti del prezzo maggiore di dugento ducati <3>, ora proscriveva gli abiti, le mantelline, le giornee di panno d’argento e d’oroW, ora le fodere d’oro, d’argento e di broccato(5), e le pelliccie di martora, di ermelllino, o di lupo cerviere(ò>. Con la legge del 1229 si erano vietati i lunghi strascichi, ma non se ne fece nulla ; anzi furono inventati, per sostenerli, certi fermagli d’oro gemmati*7*, e Mauro Lapi, nella lettera al doge Moro, continuava a raccomandare ne mulieres tam longas caudas in vestimentis habeant, et per terram trahant, qua res diabolica est. Importanti, sovra tutti, i provvedimenti del settembre e novembre 1476. 11 4 ottobre 1476, l’oratore milanese Leonardo Botta scriveva al duca Sforza come essendo venuto il « populo venetiano in tanta lascività « di pompa che le done non sarieno comparse se non tenessero ad minus tanto « atorno zoie et frappe per V.,n (5000) ducati », la Repubblica avesse, il 18 settembre di quell’anno, pubblicato un decreto circha el moderare delle spese. 11 decreto, che il Botta riporta nelle sue parti principali, non permetteva i troppo costosi ricami d’oro e di perle, e limitava il valore dei gioielli, delle catene d’oro, degli anelli, delle cinture®. Il 17 novembre dello stesso anno si proibivano l’argento e i ricami delle vesti, il ponto in aiere per /il, così ad ago, come d’oro e d’argento ; le vesti ed ornamenti con gemme o perle, « excepto una colladena per la vesta over sulla zorneda », ma non di maggior valore di ducati cinquecento. Si dettavano ancora disposizioni minutissime contro i gioielli, le perle, i bottoni e le pianette d’oro, d’argento e di seta, le vesti, i brazali, i manegeti di panno d’oro, d’argento, di raso, di damasco, le catenelle di metalli preziosi, adorne di gemme e di perle. Da tutti questi divieti erano esclusi, prò honore ducatus, il doge, la dogaressa e i loro prossimi congiunti <9>. Ma queste concessioni finivano col rendere inefficaci le leggi, che scendevano a particolarità da sarti, poco o nulla ottenendo. Accadeva che contro le prescrizioni suntuarie di un Governo, pur tanto rispettato dai sudditi nella osservanza delle leggi, si manifestassero palesi od occulte ribellioni. Per tal modo i governanti, vietando ciò (1) Romanin, St., Ili, 386. (2) Arch. di Stato, Senato, Misti, Reg. 45, c. 19, 1400, 21 giugno. (3) Ibid., Misti, Reg. 55, c. 102, 1425, 29 marzo. (4) Ibid., Terra, Reg. 3, c. 193 t., 1455, 23 febbraio (ni. v.). (5) Ibid., Reg. 6, c. 196 t., 1472, 20 febb. (m. v.). (6) Ibid., Reg. 10, c. 184 t., 1489, 10 dicembre. (7) G. Rossi, St. delle leggi e cost. dei Veti., voi. III. Leggi, pag. 6, Bibl. mare., Ital. cl. VII, cod. 1388. (8) E. Motta, Spigolature dell’Arch. di Stato Milanese, in « Arch. Veneto », t. XXVI, pag. 244. (9) Bistort, Il magistrato alle Pompe cit., pagg. 352-363.