IL COMMERCIO E LA NAVIGAZIONE 233 e si dava un affidamento di sicurezza ai traffici, tenuto ¡conto dell’esperienza dei viaggi e quindi dei comuni accidenti della navigazione. Venezia, che poteva andar fiera del ricordo di quella superba dimostrazione di forza marittima che era stato l’ordinamento navale della quarta crociata, poteva assistere con orgoglio al movimento del suo porto, pel quale adoprava 16.000 uomini nell’Arsenale, 36.000 marinai a servizio di circa 3300 navi che tenevano il mare*1*: indicazioni statistiche non certo esagerate dall’amor patrio e che anche oggi riempiono di ammirazione. Una vera e propria distinzione tra marina da mercato e marina da guerra, secondo l’idea de’ nostri giorni, non si può fare per il tempo di cui ci occupiamo. Senza dubbio per la guerra si usavano quei modelli che meglio rassicurassero sulla velocità e sulla indipendenza dei movimenti; quindi navi allungate, agili, maneggevoli, pronte a rigirarsi da tutti i versi. La questione di formare una flotta di guerra non fu dif- NAVI DIRETTE AI PORTI .DI CHIOGGIA E MALAMOCCO. Particolare della cit. « Pianta di Venezia di Paolo Forlani (1566). ficile sino a che l’uso prevalente delle artiglierie non richiese trasformazioni nella struttura interna della nave. Le galee di combattimento, che lo stato aggiungeva, a proprie spese, alle navi private*2*, che facevano il commercio del Mediterraneo e dell’Atlantico, erano armate di petriere, mangani, briccole, ed altri strumenti da guerra. Ogni galea portava buon numero di balestrieri, ed era fatto obbligo ai capitani di provvedere di armi ciascun marinaio: di lande cioè munite di ferri uncinati, o di lunghe lame <3>. Anche la nave mercantile era sempre armata e aveva sempre l’apparenza di essere pronta alla battaglia. Ciò era necessario per darle, carica com’era di (1) Non si può negare tuttavia che il lungo stato di guerra e le nuove condizioni della terraferma e incidenti come la ribellione di Candia, avessero sino dalla metà circa del Trecento fatto scorgere le deficienze nella effettiva forza marinaresca militare di Venezia, cui si poteva però trovar compenso nella molta ricchezza. fCfr. Manfroni, II piano della campagna navale veneto-aragonese del 1351 contro Genova, in Rivista Marittima », a. 1902, pag. 323 segg. (2) Per la marina militare vedi Manfroni, Cenni cit., pag. 466 segg. e 476 segg. Nel Li ber Plegiorum, poi, si trovano alcuni nomi di navi : San Pietro, San Biagio, San Cataldo, Angelo, Santa Savina, Bonaventura, Scarlatta, Cavai era, Perla, Verga d'oro, Calelonga, ecc. Si cfr. pure Anderson, Italian naval architecture about 1444 in « The Mariner’s. Mirror », aprile 1925, che illustra un manoscritto veneziano di costruzioni navali della prima metà del sec. XV conservato nel British Museum. (3) Arch. di Stato, Compilaz. Leggi, B. 27, c. 37 — 26 nov. 1279: Patroni teneantur habere prò quolibet marinario « unain lanzam de fao (faggio) vel de fraxine longam a quindecim pedibus supra et media ipsarum lancearum debeat esse « cum ferris longis et media cum rampinis, que lancee sint ferrate de lamis, adminus per unum passum et dimidium ». Vedi pure Manfroni, Cenni cit., pag. 467 segg.