ECONOMIA, FINANZA, MONETA 265 peratore si riferisce a denari veneziani, come ad essi si riferisce Federico I nella rinnovazione di privilegi a Domenico Morosini (1154): « ....persolvere libras suorum de- < nariorum L » Senza neppur parlare della favolosa redonda aurea di Pietro Badoer (993), la prima moneta propriamente veneziana a noi nota, senza nome d’imperatori carolingi, è il marcuccio o mezzo denaro di Vitale Michiel II (1156), che mostra da un lato la croce accantonata da quattro punti, con attorno il nome, cognome e titolo del principe, dall’altro il busto di San Marco (2). Sebastiano Ziani (1172-78) coniò il denaro o piccolo, ed Enrico Dandolo (1192-1205) il grosso o ma-tapan, moneta d’ottimo argento, che ebbe grandissima diffusione, e il cui nome (grosso) non è ancora scomparso dal linguaggio popolare (3). Quanto alla coniazione delle monete d’oro sembra che la priorità spetti a Genova (4). Firenze incominciò a coniare il suo fiorino d’oro nel 1252, e l’esempio fu seguito da Venezia col ducato d’oro, stampato la prima volta nel 1284. Sul diritto la figura di San Marco col capo nimbato tiene il vangelo in una mano, e porge con l’altra un’orifiamma con la croce al genuflesso doge Giovanni Dandolo, vestito di ricco manto, ornato di pelliccia, e col berretto ducale sul capo; sul rovescio il Redentore in piedi, di faccia, con nimbo crociato di forma greca, collocato in un’aureola elittica cosparsa di stelle, che tiene con la sinistra il vangelo e con la destra benedice. Il ducato veneziano, che ebbe corso dalle coste del Mediterraneo alla Cina, fu nel 1543 chiamato zecchino (5), restando il nome dì ducato alle monete di argento coniate nel 1561 da Girolamo Priuli. È difficile determinare con esattezza il valore della moneta. Nell’età di mezzo, in Venezia, come del resto in tutta l’Europa, l’unità ideale, se non effettiva, della moneta fu la lira, sempre e da per tutto divisa in venti soldi, ciascuno de’ quali in dodici denari. Ma il valore è mutabile e convenzionale, e invano fu da molti studiosi tentato di stabilire che cosa, nei vari tempi, tali monete rappresentassero. Il grosso d’argento di Enrico Dandolo, al principio del secolo XIII del peso di grani 42 710, alla parità di piccoli 26, nel corso di men che un secolo, all’apparire del ducato aureo, aumentò di valore sul mercato, arrivando alla parità di piccoli 32. Quando, nel 1284, fu introdotto il ducato aureo, alla parità di grossi 18 per ducato, il grosso subì, per 1’ instabilità del valore dell’argento sul mercato estero, un progressivo rinvilio, per cui nel 1328, quando il corso rispetto al piccolo resta fermo a piccoli 32, quello rispetto al ducato è modificato da 18 a 24 grossi per ducato. Pochi anni dopo il progressivo aumento dell’argento rivaluta il grosso, il cui conio era rimasto sempre immutato a traverso le mutevoli vicende dei valori nel tempo, la parità su cui era impostato il valore della lira (lira di grossi — grossi 240 = ducati 10= lire 32 di piccoli), restò fortemente alterata. Il valore del grosso in questo computo diventò ideale, risultando il valore del grosso effettivo superiore, e trovò la sua espressione concreta nel mezzanino, di gr. 16 al corso di piccoli 16, e nel soldino al corso di piccoli 12. Il (1) Stumpf, Acta imperii, pag. 161. (2) Il marcuccio di Vitale Michiel è la più antica moneta veneziana a noi pervenuta, ma ciò non vieta di credere che ne siano state coniate da dogi precedenti. Del marcuccio il tempo non ha rispettato che quattro esemplari. (3) Il nome di grosso si usa tuttora, per esempio, nella vendita dei pesci, particolarmente in quella delle sardine. (4) Ambrosoli, VAmbrosino d'oro, Milano, 1897, pag. 9. (5) Arch. di Stato, Cons. X, Zecca, t. I, c. 4. GROSSONE DA OTTO SOLDI DI FRANCESCO FOSCARI (1423-1457).