188 CAPITOLO VI. di dame. Entrati nel campo, si presentò a far contro i friulani e ruppe la sua lancia contro Giovanni d’Azzano un cavaliere veneziano, appartenente alla famiglia dei Tiepolo. Poi i cavalieri friulani corsero, spronando, precipitosi l’un contro l’altro, con le aste basse, simulando una battaglia di singoli duelli, in uno de’ quali Tartaro della Frattina percosse con la lancia Francesco da Sbroiavacca in guisa da spezzargli i lacci del cimiero e levarglielo di testa ; ma Francesco rimase fermo in arcioni. Nel secondo giorno tenne la giostra un cittadino vene-___ziano di nome Ugolino, con il quale ricambiarono alquanti colpi i cavalieri del Friuli. Il dì seguente, uno de’ giovani friulani fece mettere in mezzo al campo una lancia corta e grossa, che reggeva un cartello in cui si chiamava a scendere nell’ar-ringo chi volesse giostrare a suo piacere, che lo avrebbe trovato armato di tutte le armi e montato sul suo cavallo. Si fece avanti un borghese di Venezia, che era nato a Treviso e aveva nome Belviso : prese la lancia, si armò, montò sur un forte cavallo e si mise al cimento. Incominciò allora la giostra e molti colpi furono scambiati; i giostratori spezzarono più lancie su le armature avversarie, ma nessuno de’ due fu scavalcato. Quindi altri due giovani friulani giostrarono fieramente, ruppero le loro lancie l'uno sopra l’altro e passarono oltre. Finalmente i Veneziani che erano a cavallo e i giovani friulani seguitarono a spezzar lancie, sì che parve festa maravigliosa e molto furono i friulani onorati <’>. Grande era in Venezia il valore ne’ giuochi d’arme ; e, al dire del Petrarca, si doveva ammirare questo popolo di navigatori « non per la sola perizia delle cose « di mare e della nautica disciplina, ma « anche per il magistero e la bravura in STATUA DI VETTOR PISANI SUL MONUMENTO CHE SI TRO- . .. | . Il ramnn » (2) VAVA IN S. ANTONIO DI CASTELLO ED ORA RINNOVATO C lUllC 16 aFll Gcilci ITllIlZla 0 Q61 CampO > A, ss. oiovanni E paolo. giovani noby, eran0 adciestrati nelle giostre a cavallo da Tommaso Bombasio, maestro d’armi alla corte del marchese di Ferrara, Niccolò d’Este. In tutta Venezia echeggiava la rinomanza del Bombasio, ed a lui, che era anche abilissimo sonatore, il Petrarca lasciò in testamento il suo « leutum bonum, ut eum sonet non prò vanitate seculi fugacis, sed ad laudem « Dei eterni ». Più avanzavano i tempi e più cresceva la pompa, da cui erano (1) Da Canal, Chron. cit., P. II, § CCCV. (2) Petrarca, Senil., IV, 3. Ad P et rum Bononiensem. (Leti. sen. volgarizzate da G. Fracassetti, Firenze, 1869, voi. II, pag. 227 segg.).