474 CAPITOLO XIV. ai poveri davano farina di miglio rosso, da non potersi digerire (1>. Era il dicembre del 1379, i tristi giorni della guerra di Chioggia, e i disordini popolari per lo scarso e cattivo approvvigionamento erano resi inevitabili dalla carestia. A poco a poco, con la prosperità crebbe il gusto della buona tavola, e vi si aggiunse l’amore del lusso, che diventò così diffusa consuetudine ne’ banchetti da parere disdicevole; ond’è che hanno principio nel secolo XIV le leggi moderatrici dell’eccessivo dispendio nei pranzi e nelle cene. Si proibiscono dal settembre a tutto il carnevale, le cene e i conviti con donne che non siano parenti del padrone di casa, e a fine di togliere multa inepta et vana, si decreta che nessuno, dal San Michele al primo giorno di quaresima, post sonum terciae campanae, possa intrattenere a cena nè maschi nè femmine <2>. Nel 1460 sono proibiti i pranzi, ne’ quali si dovesse spendere per ogni convitato più di mezzo ducato a testa, e ciò per combattere i costosissimi banchetti di società in ab-bominio di Dio e del mondo <3>. Sulle mense, insieme colla maggior delicatura delle vivande, comincia la ricchezza dell’addobbo, e compaiono le suppellettili abbellite dall’industria artistica, come son cugilieri e più pironi, tazze, boccali, caffettiere e bacini W. Nè doveva mancare, più o meno gradito, quel commento della giocondità dei banchetti, il brindisi, che fra i Veneti ha origini remote. Brindisi letterari (versi conviviali) ha lasciato, fra molti altri carmi, il poeta Fortunato, nato a Ceneda, morto vescovo a Poitiers <5>. È di un veneziano del secolo XIV, uno dei più antichi brindisi italiani, che si trova trascritto in un libro di Deliberazioni del maggior consiglio, e che suona: Chi ben beve ben dorme; Chi ben dorme mal no pensa; Chi mal no pensa mal no fa; Chi mal no fa in Paradiso va; Ora ben beve che Paradiso avere (6). La gioconda filosofia dell’ignoto veneziano incominciava ad essere compresa dagli operosi suoi concittadini. Venezia infatti va acquistando nuove foggie: ma è lento il passaggio dall’antica vita rubesta al nuovo costume. Dai viaggi in terre lontane i Veneziani imparano ignote usanze: dagli stranieri, ospiti sulla laguna, accolgono arti gentili, opere d’ingegno, insegnamenti di cultura. Donne straniere d’alto lignaggio erano scelte a spose da patrizi. Il doge Ordelafo Falier (1102-1116) ebbe in moglie Matilde, congiunta di Baldovino, re di Gerusalemme. Due figli del doge Vitale Michiel II (1 156-1172), Leonardo conte di Ossero, e Niccolò conte di Arbe, sposarono l’uno la figlia del principe di Serbia, l'altro Maria, figliuola di Ladislao e nipote del re Stefano d’Ungheria. Nel 1213 il doge Pietro Ziani si ammogliò con Costanza, figlia di Tancredi re di Sicilia, e nel 1242 il suo successore Jacopo Tiepolo con Valdrada, sorella del re Ruggero di Sicilia; così il vigoroso sangue dei Normanni si mescolava col veneto sangue patrizio. Il figlio di Jacopo Tiepolo, per nome Lorenzo, salì anch’egli, (1) Cecchetti, La vita dei Veti, nel 1300, in « Arch. Ven. », a. 1885, t. XXIX, pag. 248, e a. 1886, t. XXX, pag. 77. (2) « ....Quod nunc et de cetero a festo sancti Michaelis de mense septembris usque per totum carnisprivium aliqua per-« sona cuiuscumque condicionis existat, non audeat, nec propter nuptias, nec propter Marias, nec aliqua alia occasione in domo « sua facere cenam vel convivium dominarum, exceptis sororibus, nuribus, neptibus et cognatis sponsi et ex parte sponsi, seu « illius qui eas haberet in convivio vel in cena, intelligendo neptes filias filiorum vel filiarum, fratrum vel sororum... ». Arch. di Stato, M. C., Spiritus, c. 109, 13 febbr. 1339, m. v. « Quod prohibeatur et publice proclametur quod a festo sancti Mi-« chaelis usque primum diem quadragesime nulla persona cuiuscumque condicionis existat possit nec debeat retinere aliquam « personam, masculum vel feminam ad nuptias in cena nec etiam in domo absque cena post sonum tercie campane exceptis « servitoribus consuetis et opportunis.... ». Arch. di Stato, M. C., Novella, c. 44, 15 maggio 1356. (3) Arch. di Stato, Senato, Terra, reg. 4, c. 139 t., genn. 1459. (4) ViTT. Rossi, Jacopo d\Albizzotto Guidi, in « Arch. Ven. » cit., a. 1893, t. V, pag. 423. (5) Cian, Il brindisi nella poesia it., in « Natura ed Arte », Milano, 1904-905, fase. VII. (6) S. Morpurgo, recensione alle Rime dei poeti bolognesi del sec. XIV, raccolte da T. Casini (Bologna, 1881), nel« Giornale di Filologia Romanza », IV, 204, n. 3.