110 CAPITOLO III. Nel suo complesso il sistema punitivo della Repubblica, durante l’età di mezzo, non era molto diverso da quello degli altri paesi italiani. Gli statuti civili, insieme con la riformata legge criminale della Promissione al maleficio, pubblicati dal doge Jacopo Tiepolo (1242), rimasero in vigore, con aggiunte e correzioni dei secoli successivi, lino alla caduta della Repubblica. Mantenendo fermo nel suo principio ciò che è forma primordiale nella giustizia dei popoli, Venezia consacrava il passato e raccomandava la sua fortuna aH’avvenire. Visse così ingenito e profondo il sentimento, rimase netta e chiara l’idea della giustizia ne’ maggiorenti e nel popolo. E non furono vani simulacri, nè simboli di menzognera ostentazione le immagini della giustizia, della prudenza e dei più sapienti legislatori dell’antichità, che la Repubblica fece collocare tra i santi nei mosaici della basilica*1), e fece scolpire sui capitelli delle colonne, sulle facciate, ad ogni angolo del palazzo, per significare, testimonianza ed ammonizione, che dinanzi alla maestà della legge ogni altra autorità, per quanto alta e possente, era obbligata a inchinarsi e sottomettersi. (1) Vedi la figura della Giustizia in un antico mosaico di San Marco, riprodotta nella tavola di contro al frontespizio di questo volume. VENEZIA AFFIGURATA COME LA GIUSTIZIA. Altorilievo del prospetto del palazzo ducale verso la piazzetta.