timoniere Serra, del sotto nocchiere Vacca, del secondo capo timoniere Meneghini, dei marinai Di Giuseppe, Memoli, Esposito, mi vengono primi alla memoria. Nelle batterie a terra, su rimorchiatori, su piccole navi, sotto il fuoco continuo del nemico, già padrone delle alture di Durazzo, essi diedero prova di calma, di serenità, di iniziativa, compiendo fino all’ estremo gli incarichi avuti, curandosi dei loro sottoposti, assumendo spontaneamente il comando di piccole navi, su cui gli ufficiali erano feriti, continuando nel loro servizio, sebbene ripetutamente colpiti, finché le forze non li abbandonarono. Ma, quanto questi primi ricordati, altri molti, tutti, direi quasi, dal supremo direttore dell’ importante impresa, ammiraglio Cutinelli, sino all’ultimo marinaio ben meritarono della patria. E che dire dei medici, che raccolsero, curarono con pietà infinita, con incessante loro pericolo i malati innumerevoli, i feriti serbi ? Poco noto è ancora il magnifico episodio del Marechiaro, nave destinata al trasporto dei feriti. Mentre si dirigeva verso l’Italia col suo doloroso carico, la nave urtò contro una mina e fu gravemente danneggiata. Il capitano medico Gnasso Samuele, investito da una colonna d’ acqua, ferito, preso il comando della nave (essendo morti tutti gli altri ufficiali), accorse in aiuto dei feriti serbi, rimasti in gran parte illesi, li calmò, li rianimò, provvide alla loro salvezza, al loro imbarco su altre navi accorse : e prima ancora di pensare a sè stesso ed alla sua ferita, durante tutta 112 -