parare il colpo, assalendo a sua volta il punto più vulnerabile del fronte italiano, il più delicato, il più esposto, cioè il settore tra Adige e Brenta, lungo circa cento chilometri, con aspre catene di monti, in cui però si aprono numerosi varchi. Se l’impresa fosse riuscita bene, se l’esercito nemico avesse potuto sboccare nella pianura veneta tra Verona e Treviso, tutto il fronte orientale si sarebbe trovato assalito alle spalle, in posizione disastrosa e avrebbe dovuto ritirarsi. Numerosi avvisi di questa minaccia giunsero in Italia ed al Comando Supremo, il quale però, o credesse le nostre linee più salde di quello che realmente fossero, ovvero pensasse trattarsi di una falsa notizia per distrarre 1’ attenzione da altri campi, o per altre ragioni, che 1’ avvenire metterà in luce, non ritenne opportuno mutare sostanzialmente 1’ ordinamento del settore. Certo è che i primi assalti austriaci, iniziatisi il 12 maggio, trovarono sull’ altipiano di Asiago, centro dell’ operazione offensiva, una resistenza insufliciente. Vi furono, è vero, riparti che si batterono con disperato valore contro le soverchiami forze nemiche, battaglioni di alpini e di fanteria che si fecero distruggere fino all’ultimo uomo piuttosto che cedere ; gruppi d’ artiglieria, che, esaurite tutte le munizioni, difesero i pezzi con le baionette, coi sassi, con una lotta a corpo a corpo. Segnalatissime azioni individuali e collettive può ricordare con orgoglio l’esercito italiano; ma la preponderanza numerica del nemico potè sfondare la linea nostra. - 51 -