Le trattative diplomatiche salvaguardare l’indipendenza albanese, e non si nascondeva il grave onere ebe si assumeva. Aggiunse che Valona non rappresentava il primo passo per l’espansione italiana nei Balcani, ma solo un sicuro porto sull’altra sponda dell’Adriatico. Valona era insomma per l’Italia un problema tecnico e si intendeva ridurne il retroterra quanto più era possibile. Pasicli affermò la necessità di avere frontiere strategiche verso il sud dell’Albania, ricordando le incursioni delle bande albanesi in territorio serbo nella guerra del 1913; ed insistette sulla necessità di premunirsi contro il ripetersi di simili invasioni. L’on. Scialoja fece notare a Pasic che Valona non è porto commerciale e che il vero porto commerciale dell’Albania è Du-razzo. Trumbic obiettò che è un piccolo porto. Ma l’on. Scialoja fece rilevare che l’Albania non può avere un grande porto, visto che non fa commercio (1). Con le trattative di Pallanza cessano le discussioni sull’Albania in rapporto alla questione adriatica, di cui abbiamo qui accennato le mutevoli fortune e le incerte direttive. (1) Cfr. doc. 1 e 2 Libro verde sui negoziali diretti (ed. curata da A. Giannini, Roma, Libreria scienze e lettere, 1921). 7. - Giannini. 93