VII — DURAZZO tcriali, ma anche morali. Sono essi i primi e i principali artefici della nostra influenza, sono essi che insegnano ad amare il nome italiano e che mantengono vive le simpatie verso il nostro Paese. Simpatie tradizionali, ma che vi é naturalmente chi ha interesse a scalzare. Una distribuzione di premi ad alunni di scuole elementari non è certamente uno spettacolo che offra oramai nè una grande attrattiva nè un grande interesse. Eppure, ve lo assicuro, abbiamo assistito tutti quanti con una certa emozione alla modesta cerimonia a Durazzo, nella grande sala della scuola dove i ritratti dei nostri Sovrani appesi alle pareti sembravano a tutta prima in contrasto con l’alta figura di un ptìpe ortodosso il quale era li a sorvegliare gli alunni e le alunne che più volte, facendo eco al grido dei loro insegnanti, hanno acclamato all’Italia e al suo Re. A Durazzo i cattolici sono poco numerosi. Invece passano il migliaio gli ortodossi, per cui appartengono tutti a questa religione gli alunni e le alunne delle nostre scuole. Naturalmente i genitori non ve li manderebbero se non fossero sicuri del rispetto alla loro fede. L’istruzione religiosa viene perciò impartita dal loro prete e quindi i parenti mandano molto più volentieri i loro figliuoli alle scuole nostre anziché pile austriache, dove i preti croati fanno del proselitismo. E ciò malgrado la scuola austriaca abbia maggiore larghezza di mezzi per cui i maestri e il Console possono largheggiare ad ogni occasione nel dare doni agli alunni. Li vestono anzi due volte all'anno. Così per la festa dell’ Imperatore, il Console ha dato ad ojjni scolaro, insieme ad un sacchetto di dolci, un bel medgi-djé — moneta d’argento dalla forma di uno scudo e del