402 IX — i/epiro sentano il commercio complessivo dell’Albania, l’Italia figura soltanto per il io per cento circa, mentre l’Austria vi figura per il 75 per cento. Il rimanente va diviso fra tutte le altre nazioni. Anche queste cifre, ben inteso, sono molto approssimative, ma in ogni modo mostrano quanto sia grande la inferiorità nostra. Qualche cosa, ripeto, si è fatto, e si è ottenuto. Ma in una misura molto al disotto di quel che sarebbe stato lecito prevedere, appena è stato iniziato questo movimento di ripresa dei nostri commerci sulla riva orientale dell’Adriatico. E se di questo una parte di responsabilità spetta al Governo, sarebbe però ingiusto il tacere e non riconoscere che una parte di colpa, e non lieve, l’hanno pure i nostri industriali e i nostri commercianti, i quali non paiono ancora essersi reso conto, che un paese così vicino a noi e nel quale, milione più milione meno, il movimento è rappresentato dalle cifre alle quali ho accennato, non è un mercato trascurabile, e che in Albania come in tutto l’Oriente, seguitano a trafficare alla spicciolata senza un criterio ben stabilito, e non comprendendo come in quei paesi soprattutto nei quali le spese generali finiscono per essere piuttosto elevate, è necessario si uniscano per poter meglio agire. Gli è soltanto con un’azione organizsata che si può sperare d’imporsi su quei mercati, diminuendo cioè le spese generali in modo da poter offrire la merce a condizioni migliori, facendo la concorrenza anche nei prezzi nella lotta con la produzione degli altri paesi, i cui esportatori si presentano compatti ed aiutandosi l’un l'altro in tutti i modi. Ho citato l’esempio del Museo commerciale di Pest che è un’ organizzazione di Stato. In Austria invece l’iniziativa per tale organizzazione del com-