La punta d’Azio 387 l’altra poco più di due chilometri. Appena usciti dallo stretto, il nome di un piccolo paese di fronte all’isola di Paxos, Parga, evoca il ricordo di quei profughi che, portando con loro un pugno della .«aera terra nativa, preferirono abbandonare il loro paese anziché rimanere dopo che la loro piccola repubblica aveva perduto l’indipendenza. Più in giù, a poche miglia dal golfo di Ambracia, le lontane montagne inaccessibili, attraverso le quali, aprendosi la via fra gli abissi, scorre l’Acheronte degli antichi —il Mauropo-tamo o fiume nero della geografia moderna — ci fa pensare ai monti di Suli e alla disperata difesa dei sulioti contro il terribile Ali pascià di Jannina. Si arriva quindi a Prevesa posta sull’ultimo lembo di terra turca, che nel mare Ionio chiude a settentrione il golfo d’Arta di fronte a Santa Maura: l’isoletta sul cui forte sventola la bandiera Ellenica. In questo golfo assai vasto, ma nel quale possono inoltrarsi soltanto navi piccole stante la sua poca profondità, sorgeva un tempo — e fu la capitale del regno di Pirro — la città di Ambracia della quale il golfo prendeva allora il nome, nel posto ove é ora Arta. Il promontorio di Azio, di fronte a Prevesa, ricorda la grande battaglia navale nella quale si decisero le sorti del mondo allora conosciuto, assicurando ad Augusto l’impero. Anziché una città, però, pare vi sorgesse allora solamente un tempio sacro ad Apollo, della cui statua furono trovati quà e là dei frammenti, il più importante dei quali è ora al museo del Louvre. Antonio, le cui navi erano per la maggior parte raccolte nel piccolo porto d’Azio e in altre insenature della costa d’Acarnania. aveva stabilito il suo campo vicino al tempio. Ottavio accampava di fronte nel posto