356 Vili — VAU.ON'A E IL SUO GOLFO e gli tirò una fucilata. Il padrone del cane accorse subito col suo bravo fucile deciso a vendicare il suo cane. Ma avendo saputo che il colpevole era un ufficiale si rivolse al sergente dei gendarmi. — Quello è un forestiero, disse, e non conosce gli usi del paese, ma tu si, ed io me la prendo con te... Il tono solenne e minaccioso col quale tali parole furono proferite, per chi conosce bene il paese come il nostro interprete, non potevano lasciare il menomo dubbio sul loro significato. Era un sangue. Fu allora che l’interprete s’interpose, spiegando al montanaro come il gendarme non pe avesse proprio colpa. E tanto fece e tanto disse, che, col concorso dell’ufficiale, il quale esprimendosi a gesti manifestava il suo dispiacere, ottenne di farli riconciliare. Altrimenti, poteva essere anche il punto di partenza di chi sa quali lotte! A rendere meno difficile la conciliazione ha certamente contribuito la nazionalità dell’ufficiale. I nostri connazionali, a Vallona in numero di un centinaio circa, sono bene accolti e ben trattati. Provengono quasi tutti dalle Puglie. Lecce ed Otranto sono i circondari più largamente rappresentati. Vi fu un tempo nel quale il numero degli italiani nel Sangiacato di Berat, arrivava a 600, quando cioè le miniere di bitume di Selenitza, a poca distanza da Vallona sulla Voyussa e proprietà di un greco, erano date in affitto per l’esercizio ad una società italiana. Ma gli affari andarono male e la miniera passò prima nelle mani di una società inglese e poi in quelle di una società anglo-francese con sede a Parigi. Come al solito noi ci siamo lasciati sfuggire di mano l’affare che di per sè era buono, ma che per poter dare dei resultati avrebbe dovuto essere iniziato con mezzi sufficienti.