le condizioni dolorose delle popolazioni cristiane a lei soggette, non vi è più per l’opera noscra la diffidenza d’un tempo, dobbiamo saperne approfittare per aprire nuovi sbocchi ai nostri commerci e per fare accogliere benevolmente ed incoraggiare tutte quelle iniziative che possono, creando una rete di interessi, farci ricon quistare il terreno perduto, e darci davvero, anche da questo punto di vista, il posto che ci compete. Dopo questo rapido sguardo alla situazione nostra dell’Adriatico e alle questioni che vi si agitano non mi pare più necessario l’insistere su quello che deve essere in quei paesi il nostro programma per l’avvenire, perchè nelle sue grandi linee mi sembra scaturisca chiaro da tutto ciò che ho narrato, e da quello adottato e seguito con tanta tenacia da coloro che vorrebbero impedire ogni affermazione nostra in quelle contrade. Ma non vorrei essere frainteso, e che le mie parole suonassero quasi consiglio od invito ad una politica irrequieta e provocatrice. Un’aura di pace aleggia su questa vecchia Europa, malgrado che laggiù nell’Estremo Oriente, si combatta una guerra micidiale. Anzi si direbbe che l’orrore destato nel vecchio continente da quelle stragi, abbia influito a creare una tale corrente, dal momento che è stato per l’appunto mentre dura il rombo del cannone, e mentre continuano a giungere le notize di dolorosi e raccapriccianti episodi che due grandi nazioni, la Francia e l'Inghilterra, si sono poste d’accordo per por fine a cento anni di rivalità coloniale. E tutto ciò a tre o quattro anni di distanza soltanto dai giorni nei quali, dopo l’incontro sull’Alto Nilo di lord Kitchener e del capitano .Marchand, al di là e al di qua della Manica, si era stati trepidanti aspettando da un mo-