492 XI - GLI ERRORI DELLA NOSTRA POLITICA Che se una volta proposta Abbazia per il convegno e pel modo col quale le cose si erano svolte, — il che' si può anche spiegare — non era più possibile rinun-ziarvi, questo però era il caso nel quale il Ministro italiano avrebbe dovuto andare ad Abbazia nel più stretto incognito, (i) col minor rumore possibile anziché recarvisi con tanta ed inusitata solennità — destinata pur troppo a rendere più clamoroso l’insuccesso I — su una nave da guerra. Con tutti gli eufemismi che il linguaggio diplomatico può sopportare, come giustamente osservò in una discussione parlamentare l’on. Barzilai, é evidente che quella visita ebbe lo scopo di convincere vieppiù il conte Golu chowsky che la cattiva politica di prima era mutata e di dargli nuove guarentigie. E sia pure di lealtà, come interruppe l’on. Giolitti, non ricordando che, se mai, alla politica sleale egli si era, come ho già detto, pienamente associato, senza fare la più piccola riserva, nel precedente Ministero. E qui cade forse in acconcio il notare ancora una volta l’importanza che ha nelle questioni di politica estera l’autorità delle persone e del nome. E’ evidente che con la scelta di una persona autorevole nel mondo politico o nella diplomazia certi passi sarebbero stati (x) In altri tempi, quando i Ministri chiamavano intorno a se uomini capaci e che avevano nna qualche esperienza degli usi diplomatici, certamente, l’Onorevole Tittoni, dal momento che non si era reso conto personalmente dell’inopportunità di dare una intonazione ufficiale aquel suo viaggio, sarebbe stato avvertito e consigliato a regolarsi ben diversa* mente. Ma così come sono stabilite le cose alla Consulta, non è certo l’On* Malvano, che per sistema si guarda bene dal contrariare i Ministri, specie negli atti che possono soddisfare la loro vanità, nè i piccoli segretari felici anch’essi di viaggiare su una nave da guerra, che potevano nè volevano adoperarsi a far mutare avviso al Ministro degli Esteri.