I NOSTRI PRINCIPII E I FINI DEGLI ALTRI. Dopo tre anni e mezzo di guerra, dopo tanto sangue sparso e tanti miliardi spesi, e dopo tanta vittoria alfine conseguita, noi, buoni italiani, siamo ancora, moralmente, allo stesso punto in cui eravamo prima che tutte queste gravi e terribili cose accadessero, e la gelatina del nostro animo seguita sempre a commuoversi e disgregarsi nel barattolo aperto della nostra umanità ogni volta che una mano estranea la scuota. Ah, il nostro diritto? Ma bisogna sentire che ne pensi anche il sensale di tal paese amico. Pare ch’egli abbia delle buone ragioni per dimostrare, invece, il nostro torto. — E il nostro confine? Ma neppur bisogna trascurare le osservazioni che il mercante di tal altro paese amico sottopone alla nostra attenzione per evitarci fastidi nel presente e pericoli nelPavvenire. — Così, le vertebre della nostra spina dorsale, non bene strette nei ligamenti, fanno un maledetto ballo di San Vito tra l’occipite e il còccìge, ad ogni inchino che si credono in dovere di arcuare, tutte le volte che uno straniero che passi per via si pigli il capriccio di offrire un consiglio o un avvertimento, di dettare una legge o un programma alla nostra storia e alla nostra vittoria. Oh, sì, noi siamo fatti veramente di una pasta molto graziosa e benigna. — 202 —