minare l’Italia dal concerto degli alleati della guerra; mettere non sullo stesso piano degli altri, ma in un piano diverso e inferiore, le questioni e gli interessi dell’Italia; considerare, insomma, e tenere l’Italia, apparentemente, perchè per i trattati non se ne poteva fare a meno, fra le grandi potenze, ma realmente ed effettivamente tra le minori potenze, se non a paro della Serbia e del Montenegro, un po’ tra il Giappone non grato a Wilson e l’Heggiaz alquanto grato all’Inghilterra : in una situazione, infine, nella quale non si potesse neppure esser fieri, e il signor Lloyd George e il signor Clemenceau potessero mostrarci di quando in quando di proteggerci contro Wilson e il signor Wilson di esserci benevole contro la superbia dei signori Lloyd George e Clemenceau. Molto commovente situazione! Conseguenze di questa situazione? Poiché il signor Wilson era entrato nella Conferenza come il Gran Prete, dispensatore di grazie, di mandati, e di benedizioni, i nostri due alleati della vigilia — i quali, del resto, avevano gravi e difficili còmpiti da assolvere nell’interesse dei loro rispettivi paesi — concentrando tutti i loro sforzi sulle loro questioni che avevano messe nel primo piano, lasciavano con indifferenza, a grandi distanze, le nostre, con l’intento (ognuno adatta i suoi mezzi ai suoi fini) di rifare col nostro pane la mensa del Gran Prete dalla quale essi mano mano sottraevano la « libertà del mari » e il « bacino della Sarre » e « la riva sinistra del Reno » : tanto più ch’essi sapevano che nel nostro pane troppi denti aspiravano a dare il morso, e il Gran Prete sarebbe stato lieto di vederselo sempre intatto sotto i suoi occhi e le sue mani. Così, dopo risolte le questioni dell’Inghilterra e della Francia — col nostro leale concorso e il nostro pieno e cordiale assentimento, si passò alle nostre questioni. Ma con quanta fatica, il passaggio ! e con quante soste di mezza giornata in mezza giornata ! E dopo quanti — 306 —