sottile intelligenza quale il conte Lützow ritorni ancora a parlarne. No : il popolo italiano non fu « tratto in errore » nelle giornate di maggio : fu tratto, invece, dall’errore nel quale tentavano di farlo cadere le promesse, dopo che erano fallite le minacce; e mai, anzi, come nelle giornate di maggio, ei fu più illuminato e più cosciente, più libero e più sicuro di sè, nel decidere de’ suoi destini. La condotta di tutto il paese durante la guerra, e la virtù dell’esercito in campo, son lì, del resto, a smentire ogni nemica leggenda, e a dimostrare in tutta la sua efficienza la verità storica che si rivelò improvvisamente, a noi e agli altri, nell’ardente primavera del 1915- Ora, è la guerra. Ma le potenze centrali desiderano — o voglion desiderare — di dettare la pace, da vittoriose. Domando al conte Lützow : da vittoriose anche verso l’Italia? E se di fronte all’Italia le potenze centrali non possono parlare, separatamente, come di fronte alle altre potenze, a che si ridurrebbe il loro tentativo di pace se non a interrompere il cammino, a fiaccare lo sforzo, [ ad annullare l’opera che finora l’Italia ha compiuto ? « Nemmeno il più cieco fanatico potrà non credere alle parole di Wilson » — dice il conte Lützow. E va bene. Ma aggiunge : « E quelle parole semplici ed 1 umane varranno a distruggere certe illusioni anche a Roma ». E va male. Potranno mai valere quelle paiole a distruggere i fatti? E qual uomo, qual partito, quale classe, in Italia, potrebbe accedere, a cuor leggero, ai disegni della potenze centrali, senza annullare i fatti, o mutilarli, a [benefizio del vinto? ■ Nè la guerra italiana si può arrestare alle conquiste di ieri; nè la pace si può discutere sulla base di quelle — 107 —