che « ogni espansione di tal natura (conquista per le armi) è un diritto inalienabile, e, nel caso degli Stati Uniti, un dovere particolare ». Altro che il rispetto a piccoli Stati, e l’abolizione degli alti forni e dei cantieri ! Mettete dunque insieme questo linguaggio che, se non deriva direttamente dal governo, certo deriva dagli atti del governo, e se non rappresenta lo spirito dottrinario del Presidente, certo rappresenta lo spirito pratico del mondo politico che gira attorno al Presidente; mettete, dico, insieme questo linguaggio con le cifre del bilancio Daniel, col discorso agli allievi dell’Accademia West Point, e con le Note sulla pace europea, e vedrete da voi qual conseguenza trarre. Una, intanto, mi pare di non discutibile efficienza logica; cioè: che sarebbe la più grande stupidità illudersi e pensare che nell’ altro Mondo, più che in questo, valgano le idee morali, senza le armi, e le parole evangeliche, senza le munizioni, a far la politica della pace, o della pace per la guerra, come si potrebbe affrettatamente dedurre dal Messaggio di Wilson. E nemmeno la logica è un’opinione. Si pensi, intanto, che la guerra europea ha creato nel Pacifico uno stato di cose che potrebbe, alla fine, non diventar lieto, per le tendenze pacifiste dello stesso Presidente, e si proceda nel ragionamento. Per effetto della guerra, il Giappone, diventato la grande officina della Russia, si è creato una ricchezza che prima non aveva e che, silenziosamente e secretamente, com’è suo costume, impiega alla costruzione del suo nuovo naviglio da guerra; e in conseguenza di questa nuova ricchezza e dell’applicazione di questa sua nuova ricchezza alla potenza militare, accresce le sue ipoteche sui mercati cinesi, in modo da escludere per l’avvenire ogni discussione sulla porta aperta con gli Stati Uniti, ed allarga la sua protezione sulla Cina, in modo da escludere ogni intervento di altra potenza d’Oriente e d’Occidente sulle direttive politiche e quindi