giornali e le Riviste che pronunzino invano il nome di quelle due stazioni. Coloro i quali han trattato simili argomenti non sono imperialisti, in buona o in mala fede, che tentino o di procurare un’illegittima conquista all’Italia o di suscitare illegittimi fastidi agli Alleati. Sono, uomini di studio pacati e diligenti, oltre che fidi e sicuri fautori dell’alleanza, e quali uomini di studio, anche un po’ ingenui, e quindi passibili di illusioni. Nella loro diligenza, essi vanno cercando con le lenti, sulla carta geografica e nei ricordi del passato, le ragioni di probabili discordie nell’avvenire, e, nella loro ingenuità, credendo di potere parlare fra alleati come in famiglia, propongono i mezzi di allontanare e dissolvere alla buona quelle ragioni. Nulla a temere dunque dalla loro prosa. Nè lo spirito italiano che è fatto di buon senso e di equilibrio, è capace di esaltarsi e di infatuarsi per tutte le questioni allo stesso modo e metterle tutte sullo stesso piano. Inutile dunque svegliare gli echi del Campidoglio di Kisimayo e di quel di Gi-buti, per la paura di una doppia calata o scalata degli italiani. Troppa preoccupazione delle ambizioni degli italiani! Siate meno preoccupati, e sarete più sereni. Perchè, insomma, la grande preoccupazione che dimostra l’autore di questo scritto è una sola : che l’Italia esageri l’importanza per la Francia e per l’Intesa del suo intervento nella guerra, e quindi si disponga a esagerare anche i diritti all’atto della pace. Onde una costante e non facilmente simulabile industria di diminuire e attenuare l’importanza del nostro intervento e svalutare l’efficienza del nostro sforzo e ridurre e circoscrivere la funzione della nostra guerra. I tedeschi odiano l’Italia, perchè ritengono che la neutralità italiana sia valsa a mutare le sorti della guerra, e viceversa il nostro concorso nell’agosto del 1914 avrebbe facilitato l’annientamento della Francia e assicurato la rapida vittoria della Triplice. E lo scrittore del Correspondant accorre dubitando e argomentando : — 142 —