Ed ecco, dunque, l’Italia vittoriosa, ridotta, alla Conferenza di Parigi, nelle stesse condizioni che la Germania vinta a Versailles : ridotta all’imposizione da parte dei suoi antichi alleati di guerra, da parte, cioè, di quelli che essa salvò dall’estrema rovina, all’imposizione stessa che offende la Germania : o il trattato quale noi vogliamo — o la fame. Io non so se i signori Lloyd George e Clemenceau si facciano un’idea esatta di questa situazione che creano all’Italia, e se credono di fare della storia con queste tragiche facezie. Noi siamo molto tristi per loro e per i loro paesi, oltre che per noi e per il nostro. E senza approfondire, ci limitiamo ad enunciare e denunciare a quella parte di mondo civile che ancora non sono riusciti a ridurre in schiavitù, la barbarica minaccia che osano fare all’Italia dopo la guerra e la vittoria. E abbiamo pietà della loro miseria morale. O si illudono essi forse che l’Italia sia tutta nella dolcezza dell’on. Orlando? E che possano anche scherzare oggi, con quella dolcezza, come nel ’70 scherzava Bismarck con le lacrime di Thiers — che erano infine le lacrime della sconfitta? Essi cadrebbero nello stesso errore in cui cadde la Germania alla vigilia della guerra; e mostrerebbero di non comprendere nulla dell’Italia del Piave e di Vittorio Veneto. No, la dolcezza di Orlando non corrisponde al sentimento dell’ Italia. Oggi l’Italia ha nel profondo cuore l’amaro dei suoi vecchi Farinata — e dei suoi Crispi.