La democrazia, così com’è stata intesa e praticata sino alla vigilia della guerra, ha esaurita la sua funzione nella civiltà europea. Essa, che durante un secolo di splendide lotte è riuscita a costruire la base politica della nuova società uscita dal fuoco e dal sangue della Rivoluzione, non ha più la mente e l’energia necessarie per potere edificare il telaio e la torre che servano alla tessitura e alla difesa della nuova vita delle genti che usciranno mutilate o affumigate dall’inferno di questa guerra. Preparatevi, dunque, a dimettere il vostro animo e il vostro vangelo, o apostoli, o praticanti, delle perdute idee, nelle mani dei nuovi combattenti. Con la carta geografica dell’Europa, sarà mutata, dopo la guerra, anche la carta valori degli spiriti. E le nuove generazioni che stanno in campo vorranno essi assumersi il compito di tracciare i segni di questa Carta. Sarebbe ridicolo fare profezie : ma non è ridicolo affermare che il mondo non potrà essere domani governato dalle stesse dottrine e dagli stessi uomini che non lo seppero preservare ieri dal turbine che oggi tutto sconvolge. Non è possibile che la guerra, che consuma tanta vita umana e tanto lavoro e tanta ricchezza sociale, non consumi anche le parole e le idee che accesero il fuoco o non seppero impedire l’accensione. Una grande guerra — e nessuna fu mai più grande di questa — è una crisi, ma è anche un’esperienza. L’esperienza dell’individualismo, del governo di partito, cioè, del governo di pochi uomini e di una sola idea o di un solo interesse, sappiamo ormai che cosa significano e a che cosa possono portare. Oltre, più oltre bisogna spingere la nave! La guerra si è fatta non ostante la democrazia. La nuova società che nascerà dalla guerra sarà organizzata oltre la democrazia. Giove, non dubitate, ha le ginocchia robuste. — 43 —