sua libertà e dei suoi commerci, coi popoli balcanici, a cominciare dei finitimi della Jugoslavia. Onde il disegno, di crearle al fianco l’assillo jugoslavo, reso più acuto, più velenoso, più insistente e resistente dalla loro forza politica e dalla loro forza finanziaria. Ma chi crede sul serio che, nell’ora stessa in cui si divide a quarti, per gli omerici pasti, il grasso bue dell’Africa e dell’Asia, e suoi porti e sui fiumi e sui monti dei continenti si esercita allegramente il gesto imperatorio dei conquistatori, tre grandi Potenze come la Francia, l’Inghilterra e gli Stati Uniti nel suo Presidente, stiano curvi per mesi e mesi sulla lente d’ingrandimento per discernere i bacilli croati nel sangue dellTstria e della Dalmazia, se dietro questa penosa fatica non fossero un’idea e un interesse, superiori alle ragioni della vita di quei bacilli? La colpa inespiabile del governo italiano è quella di non avere visto, e neppur ricercato, quello ch’era nell’animo e nel pensiero degli Alleati, durante quattro anni di contatti giornalieri e di giornaliere contrattazioni ; di non avere inteso e compreso, dai molti e gravi segni irritanti l’atmosfera, il dramma non troppo occulto dell’alleanza : e di essersi presentato al tappeto verde della Conferenza col candore nell’anima e col fiore all’occhiello, senza neppure il sospetto della tempesta che avrebbe presto sconvolto quel candore e divelto quel fiore. Il Governo italiano stette sette mesi attorno al tappeto verde, senza comprendere nulla del giuoco e dello stile dei giuocatori. E ancora oggi forse si illude che i suoi -partners gli mostrino le loro carte. Ma non sono che le carte geografiche degli esperti di Wilson. Oggi, dopo sette mesi, non vengon fuori, l’un dopo l’altro, che i compromessi, che servono soltanto a imbrogliare sempre più i fili della questione, e annodarli in tal modo da rendere impossibile rintracciarne più il bandolo. E vedrete alla fine — se alla fine si - 343 -