nella sua maggioranza o nella unanimità afferma nel governo la sua fiducia? Scriveva Bismarck nel 1850: « Non si può imaginare quel che sia di stupido e di vuoto la diplomazia del mio paese ». La diplomazia degli altri, s’intende. Ma la sua, quando la potè fare, fu certamente un altro affare : non più stupido e vuoto, come quello che aveva denunciato e disprezzato. Bisogna, dunque, nel mondo moderno, trasportare la questione della diplomazia, dal campo dei principii a quello delle competenze. E poiché essa è ormai una funzione di Stato, non più un privilegio del capo dello Stato, discuterla soltanto nei fini che si propone e nella capacità e nella dignità degli uomini che la esercitano e la dirigono. Non vi è una diplomazia pubblica o una diplomazia secreta, una diplomazia del governo e una diplomazia del popolo — e in qual parte o in quale classe sarebbe il popolo? — ma una diplomazia dello Stato che se è, e non potrebbe non essere pubblica nei fini, è, non può non essere che secreta nei mezzi, rispetto ai nemici e ai concorrenti. L’esempio dei massimalisti russi non può offrire efficacia di argomenti per nessuna dottrina e per nessun partito. E la pubblicazione dei trattati che essi non hanno firmati, non segna il principio di un novus ordo nella diplomazia, ma la fine dello Stato russo e la contemporanea abolizione dell’esercito e della diplomazia che di quello Stato erano la difesa e la guida. I massimalisti sono logici, dal loro punto di vista. Congedato l’esercito, non potevano non congedare la diplomazia. Propostisi di non proseguire la guerra, non avevano più che fare dei trattati nei quali i patti della guerra erano determinati e fissati, e ben potevano quindi spargerli ai quattro venti come pezzi di carta mutili e ingombranti. Ma domando : Avrebbero essi fatto lo stesso, se avessero invece deciso di proseguire