palude politica, portati nella pura atmosfera della lotta per l’ideale, la loro anima si è aperta come un fiore sulla spina, tutta gentilezza e valore, tutta virtù ed eroismo. Il sacrifizio non ha limiti per essi, e la fatica non ha termini fissi. Sono tutti grandi. L’umile contadino prepara nel fuoco la nostra vittoria con le stesse mani e lo stesso sorriso con cui ieri preparava nella terra la fecondità delle messi. L’operaio difende con le ferree braccia le posizioni conquistate sul nemico, con la stessa fierezza con la quale ieri difendeva i suoi diritti nelle sue organizzazioni. E l’artigiano curvo notte e giorno, in tutte l’opere della guerra, modella la sua morte per la salute della patria, come ieri curvo sul banco della sua bottega modellava il suo lavoro per la povera vita della sua famiglia. Quando la quercia ha radici così robuste, anime così possenti nelle radici, può sfidare i secoli e le tempeste. Là nelle radici è l’eterna forza, è l’eterna sostanza della vita. Noi non siamo che la caduca vernice della scorza che i primi soli o i primi venti disseccano e sfaldano. Come dun que onorare questi meravigliosi fattori della futura grandezza della patria? Noi non possiamo che inchinarci dinnanzi a loro, e apprendere da loro le profonde virtù della razza, le virtù che nobilitano una gente, e la rendono degna di storia. Non esce forse tutto, improvvisamente armato questo esercito, dalle profonde virtù della razza? Esso parve nato ieri — in un paese che non ha mai fatto della guerra un’industria nè per sè nè per gli altri — e perchè nato ieri esposto alla commiserazione se non al dileggio del nemico. Ma aveva forse bisogno di allevarsi nelle caserme e di farsi una teoria nei libri degli a herren » professori l’esercito d’Italia alla ricerca dei confini nazionali? Esso era già da lungo tempo preparato nel dolore e nella tristezza della patria, e non aspettava che l’occasione per mettersi in assetto di battaglia. La sua formazione era organica, — 67 —