kàalin t’im i mbriraur lith, e mbi kàalin erès déeitit ^tiil flimurin i mundsivet e mbi atè miszoren tsàbie, tsàbien t’ime, ku flèè vdékia. Kuur te frinjè vorea e kekje, do tè héngchèlisnjè mùrdijari, do ;è pèrhapet fìimuri, do tè trindlisnjè tsibia. Si t’e gjegjet turku, i ngjethur, tnè kuitón e priret prapa. Quel mattino, quando avviossi Skandergh molto pallido, molto pallido e malato per combattere l’ultima battaglia, incontrò per via la Morte, nunzia di trista ventura. — Torna indietro Skanderbegh. — Ma tu chi sei, e donde vieni ? — Il mio nome, o eroe, è Morte; la tua vita è al suo fine. — Ombra di vento qual sei, temuta solamente dai vili, come sai che io debba morire ? O forse a te son note le sorti degli eroi ? — Ieri nel cielo fu aperto il libro dei morenti, e su te, come un velo freddo, nero, scese lentamente l’ora estrema, e poscia andò su altri. Disse e disparve, sogno della vita. L’eroe battè le mani, e il suo cuore diede un sospiro. — Dunque io non devo più vivere ! Si mise a pensare il tempo che verrebbe; vide il^figlio troppo piccolo 294 piccolo e orfano; vide l’Albania in lutto e pianti. Chiamò a sè intornó i suoi commilitoni, e disse loro mestamente : — O invitti guerrieri, ascoltatemi; un giorno o l’altro, il Turco conquisterà la nostra patria, e voi renderà suoi schiavi ! Dukagino, buono mio, conducimi il povero figlioletto, il figlioletto mio tanto vezzoso, perchè gli dica quello che ho da dirgli. Appena vide a sè davanti l’oro-crinito: la carezzò, e baciò sulla fronte. — Ahi I fiorellino abbandonato, unico fiore dell’amor mio, prendi la madre e tre navi, le migliori che tu abbia, e fuggi prestamente di qui, perché se il turco verrà a saperlo, farà prigioni te e la mamma tua. Giunto all’arenoso lido, nel funebre cipresso che là si leva e stende l’ombra, lega il mio focoso cavallo, e sul cavallo, ai venti marini, spiega la bandiera delle mie vittorie, e sovr’essa poni la spada apportatrice di lutti, la spada mia, sul cui taglio dorme la morte. Al soffio della cruda tramontana nitrirà il cavallo, la bandiera spanderassi, e la spada tintinnerà. Quel suono udrà rabbrividendo il turco, e, me ricordando, tornerà indietro. 295 ScfùRÒ — Rapsodie Albanesi