della pace europea. E non è neppure senso di misura giuridica e di probità commerciale. Quali che siano i principi che si vogliano applicare per regolare le cose del mondo, vecchio o nuovo, non si può non tener conto di una legge fondamentale che costituisce una pregiudiziale non solo per la trattazione degli interessi ma anche per la applicazione dei principi : la legge del do ut des. Ora, è bene sempre ricordare, il signor Wilson non ha dato nulla a noi, italiani : non ha dato nulla di quel che ha dato agli altri alleati, e che possa determinare una obbligazione da parte nostra verso di lui. Agli altri alleati ha dato due milioni e mezzo di uomini per la loro guerra contro la Germania; e per ragione di questi due milioni e mezzo di uomini, oltre il resto, può sentirsi autorizzato a domandere un corrispettivo in mercati, in influenza, in principi, in idee. Ma a noi? A noi, oltre i prestiti, che sono affari, e oltre i soccorsi della Croce Rossa, che potranno eventualmente anche essere liquidati, a noi non ha dato forze per vincere la guerra : forze, cioè veri e propri elementi di obbligazione per la pace. Ed è, viceversa, a noi — sarebbe inverosimile e inconcepibile, se non accadesse sotto i nostri occhi — ed è viceversa, a noi ch’egli viene a domandare lo scotto dei suoi principi, il sacrificio delle nostre rivendicazioni territoriali! Non pretende dallTnghilterra lo scotto della libertà dei mari, non pretende dalla Francia lo scotto dell’Alsazia e Lorena o del Reno, per gli eserciti che ha fornito e per le armi che ha loro date : e si rivolge a noi, e vuole tutto da noi, e tutto da noi pretende per i suoi jugoslavi, i quali sostennero, fino all’ultimo giorno, l’Austria loro signora. E noi dovremmo anche essere messi in sospetto di fronte alle dolenti popolazioni d’Europa, di ritardare, contrastare, ostacolare la pace — la pace wilsoniana — perchè non vogliamo mettere ai piedi di questi antichi servi dell’Austria le nostre rive e le nostre genti di Dalmazia. Eh via! L’Italia - 3°3 -