LA MARCIA ALLA VITTORIA. Gli Austriaci avevano, fino a ieri, l’abitudine di dire che i soldati italiani sanno morire, ma non sanno vincere. Da oggi essi apprenderanno che i soldati italiani sanno anche vincere. E sanno vincere perchè sanno morire. Più ancora, perchè sanno soffrire. Il generale Nogi, l’organizzatore delle vittorie giapponesi, disse che vince quell’esercito che sa soffrire un quarto d’ora di più del nemico. Oh, soffrire, i nostri soldati soffrono da un anno, da quattordici mesi anzi, serenamente, pazientemente, coi piedi nel fango e nel sangue, con la fronte nella doppia tormenta dei ghiacci alpini e del fuoco delle artiglierie Skoda, fra i cadaveri dei loro fratelli d’arme nelle trincee o sulle irte rocce contestate! Ed ecco, alfine, dopo tanto soffrire essi escono lieti e sorridenti, escono nuovi dalla lunga notte, come la luce il primo giorno della creazione. Salutiamoli, con alte grida d’amore, come si saluta la luce all’aurora. Questi soldati sono l’Italia. Essi non furono eccitati o esaltati nello scendere in campo con le parole con le quali ordinariamente l’imperatore di Germania eccita od esalta le sue reclute nella corte di Potsdam. Nessuno ha loro detto : « Voi da oggi siete sacri, perchè portate le insegne del vostro Signore ». Nella loro semplicità essi avrebbero riso della — 65 —