mazione, non proverebbe sorpresa e meraviglia a queste che sembrano fulminee dedizioni all’Intesa, e non sono che lente e meditate conclusioni di una lunga serie di tristezze e di delusioni. Le malattie di re Ferdinando, le sue sparizioni da Sofia e le voci della sua follia; la caduta di Radoslavoff e la successione di Malinoff, non erano, e non si rivelano ora, segni e sintomi di crisi interna, di Corte e di governo. Ma erano già in atto la crisi suprema, la crisi dell’alleanza con gli Imperi Centrali. La Bulgaria non aveva ottenuti gli scopi per i quali era entrata in guerra. E il Re ed il governo, che alla guerra l’avevano condotta, andavano raminghi dalle loro rispettive sedi, come matti, o con la fama di matti, dopo avere rovinato il popolo che si era affidato nelle loro mani. L’armistizio ne è la consacrazione. Ma quali erano gli scopi di guerra della più grande Bulgaria? Questi : l’annessione della Macedonia da una parte e della Dobrugia dall’altra; l’annessione della regione della Morava, al centro, con Nich, Vrania, Pirat e Liskovet, tanto per formare una linea di confine con l’Ungheria e quindi la via diretta con la Mitiel Europa, nonché il bacino del Timok con Negotin e Jatchar; e verso l’alleata maomettana, la regione della Maritza e il dominio della ferrovia di Dedeagach. Un vero e proprio impero da tagliare nella carne della Serbia, della Romania, della Turchia. Ma all’atto del tagliare, la Germania, l’enorme macellaia, si presentò anche lei, con il coltello affilato, per assicurarsi il pezzo più vicino all’osso. La grande Bulgaria, sì. Ma e dunque la più grande Germania? La Macedonia, sia pure: tanto, non v’è niente da trarre, altro che fastidi e comitagi. Ma per la Dobrugia — dice la Germania — distinguere. La Dobrugia del 1913, restituita senza discussione. L’altra, quella del t 878, altro affare : perchè nonostante il Congresso na- — 164 —