come tale, cioè come il naturale organismo vivente che ella è, nella possente costruzione dei suoi monti e dei suoi piani, nella viva agitazione dei suoi fiumi e dei suoi mari : e quelli che mostrano di occuparsene, se ne occupano come di un’espressione del loro pensiero, di una irradiazione dei principi della loro scuola : pensiero, principi, scuola, che valgono certo gran cosa, ma non sono precisamente quella stessa cosa, quell’umile cosa che è l’Italia. Ora qui si tratta di assicurare, per il più lungo tempo possibile, nella pace, l’Italia come territorio, l’Italia come popolo. E per far questo non vi sono due metodi : ve n’è uno solo : quello che usa oggi la Francia nella vittoria. Con le nostre discussioni, noi siamo in arretrato di quarant’anni. Sono varie specie di fatalismi nella vita fisica e nella vita morale; ma non conosco un fatalismo più stupido e cieco di quello che chiamerei il fatalismo dei principi. Noi abbiamo, in Italia, molta brava gente che trema all’idea di vedere centomila tedeschi inclusi nel nostro confine sulla linea del Brennero perchè questo costituirebbe una contravvenzione al principio di nazionalità. Ma non sarebbe più giusto e più umano tremare, invece, all’idea di una invasione che, per una porta aperta o facilmente sfondabile, potesse mettere in pericolo il lavoro e la pace di quaranta milioni di italiani? Si deve pur fare una certa proporzione fra i vari mali, e usare un certo criterio positivo nella scelta fra due di essi. Ora, io domando : quale, il maggior male : una invasione e una guerra, ovvero uno strappo al principio di nazionalità — strappo che non potrà mai essere di tal natura da suscitare quei futuri irredentismi dei quali si parla con tanta paura — e per la civiltà del nostro paese che non consente oppressioni e malversazioni, e per l’eseguità del numero dei tedeschi che verrebbero con noi, e per la nessuna importanza che per la prosperità e la difesa della Germania — 205 —