litico, oltre che una nuova forma di pensiero e di azione, che ancora fa le spese nella letteratura e nell’oratoria parlamentare delle genti moderne. A quando, un diverso verbo, che annunzi l’incarnazione di un diverso iddio? Quello dell’89 è già troppo coniugato. Avete mai letto la Memoria sul Ministero degli Affari esteri presentata dal Doumouriez, maresciallo di campo della 12.a Divisione, al club dei Giacobini? Avete mai letto L'O-pinione de Lobjoy, encien maire du Col-ligis, deputò ne l’Aisne, sulla necessità di organizzare il Dipartimento degli Affari esteri secondo lo spirito della Costituzione : Relazione data alle stampe per ordine dell’Assemblea ? Tutto quello che oggi si dice e si scrive sulla diplomazia pubblica, sulla diplomazia del popolo, o meglio sulla necessità che la diplomazia sia pubblica, e che la faccia il popolo, non è che una malinconica ripetizione di quello che fu detto e scritto dal molto ignoto Lobjoy e dal più noto Doumouriez, che, nonostante i suoi puri principii sulla diplomazia, finì col tradire il suo paese. « Non c’è più bisogno di diplomazia — sentenziava Doumouriez — un gran popolo, un popolo libero e giusto è l’alleato naturale di tutte le genti, e non deve avere alleanze particolari che lo leghino alla sorte, agli interessi, alle passioni, di questo o quel popolo. » — Inutile quindi preoccuparsi delForganizzazione di un Ministero degli Esteri. « Questo degli Esteri deve essere il Ministero più semplice e meno complicato di tutti, perchè esige il meno di tutti il mistero. Un ministro che ingannasse una Corte straniera meriterebbe una pena proporzionata a tanto delitto. » — Naturalmente un tal ministro degli esteri non deve pretendere di assumere alcuna responsabilità. < Egli deve comunicare al Comitato diplomatico (formato di membri del-l’Assemblea) perchè questo li comunichi a sua volta all’Assemblea, tutti i dispacci importanti. Così — egli concludeva — noi diverremo gli arbitri e i pacificatori