siderare le alleanze e gli alleati nella realtà, non alla stregua delle memorie e della fantasia. La vita internazionale è una esperienza di tutti i giorni, e se è un grave errore — l’errore di cui oggi possiamo valutare le conseguenze — agire in essa con le idee e con le passioni della vigilia, non è men grave errore tentar di cambiare rotta o direzione ad ogni torto che ci si faccia o ad ogni delusione che ci sorprenda nella via. Noi siamo e dobbimo rimanere amici dell’Inghilterra e di tutti i nostri alleati, perchè noi abbiamo intrecciata durante la guerra una trama di interessi che si può e si deve estendere nell’avvenire, e sarebbe follìa dissolverne le maglie quando più si dovrebbero stringere e unificare. Ma questo non significa che dobbiamo rinunziare a discutere apertamente, liberamente, efficacemente le condizioni della nostra amicizia, tirare le somme degli atti di nostra solidarietà. La prova di maturità, un gran popolo la dà nel processo di eliminazione dei fattori superflui o aberranti, e nel sistema di utilizzazione dei fattori propri e necessari all’azione. Noi, fino ad oggi, non abbiamo saputo compiere l’uno, e non abbiamo mostrato di sapere organizzare l’altro. E così siamo arrivati a ottenere col massimo sforzo i minimi risultati, mentre, per esempio, i nostri contendenti dell’Adriatico sono riusciti ad ottenere, senza sforzo, il massimo risultato — che, se non altro, sarebbe questo, di dare scacco alla nostra stessa vittoria, che fu la vittoria decisiva delPIntesa. Comunque, basta per ora assodare che per una ragione o per l’altra, noi troviamo polarizzate contro le nostre più semplici ed elementari ragioni, contro le nostre più logiche e naturali aspirazioni, gli idealismi degli uni, gli egoismi degli altri, i materialismi degli intermedi, ed elevati a dignità di discussione questioni che dovrebbero essere per la loro essenza stessa indiscutibili, anzi improponibili. Perchè tutti trovin modo di agire contro di noi, men- - 288 -