rebbe servirsi della pace per creare nei paesi nemici altri focolari di guerra civile che distogliessero i popoli dall’attività delle guerre nazionali. Essa esporta oltre la sua cerchia la vecchia formula di Taafe : a Perchè l’Austria sia felice bisogna che nessuno sia contento ». Ma non è il compito dell’Italia far l’Austria felice. Guerra civile, in Italia, dunque, per l’Austria, no. Se voi avete così solennemente inscenato la commedia della pace, per trarre in inganno gli attori e gli spettatori della guerra nei nostri paesi, l’inganno non potrà ricadere e non ricadrà che sulla vostra stessa maschera. E se avete, con un’abile mossa, o meglio con un’abile finta, mirato alla testa, per meglio colpire al cuore od all’inguine, non vi sia ingrato apprendere che, almeno in fatto di scherma, la spada italiana ha pure una sua scuola, per le parate e per le risposte. Lei, signor conte, che per la lunga dimora fra noi conosce un po’, quanto a un austriaco anche di spirito sottile è dato conoscere, il nostro paese, sa che qui in Italia nessuno ama la guerra per la guerra, nessuno fa o pensa di fare della guerra l’istituto permanente della storia nazionale; e tutti hanno alfine accettato la guerra come un dovere, come il più aspro dei doveri, che la salute della patria abbia imposto — e come un dovere si esercita e si compie, nobilmente e degnamente, nella fede e nella speranza che dai dolori e dal sangue la patria esca rinnovata e assicurata nell’ avvenire. Ma bisogna pure sappia, e tutti gli altri di Vienna con lei, che, dopo tanti secoli di servitù, una sola cosa gli italiani non sopportano nella riacquistata libertà e indipendenza : l’ingerenza, comunque parata, di blandizia o di minaccia, dello straniero nelle deliminazioni e determinazioni della loro azione politica. Intesi? ~ 93 —