abusata scusa. Ma non si deve nemmeno pretendere alla glorificazione, dopo avere dimostrato tanto poca perspicacia e previdenza e preparazione nella politica dello Stato. La dominante democrazia dell’Europa occidentale, tutta intenta, con le migliori intenzioni di questo mondo, a coltivare l’orticello del suo individualismo, del suo parlamentarismo, del suo pacifismo, non ha mai avuto il modo e il tempo di informarsi di quello che bolliva nella mente dell’imperialismo della gente germanica, nè di quello che fondeva nelle officine Krupp e nelle officine Skoda : peggio ancora, tutta intenta a rileggere i suoi libri e i suoi discorsi vecchi di un secolo, non ha mai avuto il tempo di leggere e considerare e tanto meno pigliare sul serio i libri e i discorsi che si facevano in Germania, nei quali il sogno dell’imperialismo teutonico era così precisamente delineato, così pomposamente colorito, così fieramente armato, e di tutt’altro, oh tutt’altro che metafore! La democrazia dell’Europa occidentale non credeva alla guerra, non pensava alla guerra, rideva di tutti quelli che di quando in quando tentavano di strapparla agli elisii delle sue fantasie, per avvicinarla un po’ alle spine della realtà internazionale. E alla fine essa vorrebbe la gloria della guerra ? Ora, io non dico che la democrazia dovesse avere gli stessi ideali degli imperi degli Hohenzollern o degli Absburgo. Ma dico che se è ormai palese la lacuna della guerra, essa deve per lo meno dichiarare la manchevolezza e la deficienza della sua dottrina, che pur è fatta per servire al governo delle società umane, che vivono nella vicenda tra la pace e la guerra, e, confessando questa deficienza, procurare di colmarla ed integrarla con un nuovo ordine di idee, che assicuri la vita e la difesa delle genti. Finché questo non sia avvenuto, sospendiamo la costruzione degli archi di trionfo. Questi spettano soltanto ai trionfatori — di se stessi — prima che dei nemici. — 42 —