trattazioni e discussioni, e han fondato le basi di quella che si illudono possa essere la futura pace del mondo sopra una Carta ideale, non sopra le ragioni della guerra combattuta e il contributo che alla guerra hanno portato i popoli combattenti. Seguendo l’antica linea della polemica contro la Germania, essi han continuato a tirare, nella sala dell’Orologio, contro il militarismo e il prussianismo, che furono il bersaglio di quella polemica, senza pensare che, oltre che nelle cause apparenti, una guerra ha sempre una sua ragione di essere nello stato, che richiede un mutamento, di quelle nazioni che, più o meno volontariamente, sono costrette a scatenarla od accettarla. Per l’Italia la ragione della guerra era nella strapotenza dell’Austria al suo collo, dalla parte delle Alpi, e per tutto il suo fianco sinistro, dalla parte dell’Adriatico, che rendeva impossibile il suo sviluppo materiale e la sua indipendenza politica e morale in Europa — sì che il risultato della guerra vittoriosa" non possa essere, dopo la distruzione dell’Austria, che la creazione di una nuova condizione e di un nuovo ordine di cose che impedisca la formazione di una nuova Austria, atta e capace a produrre gli stessi disagi e gli stessi pericoli che la vittoria è riuscita ad eliminare. Ma per arrivare a comprendere questo e quindi a creare la nuova condizione di cose, bisogna rimanere nel campo della realtà storica, e discutere della pace, tenendo il piè fermo nella guerra, e pensando sempre alle ragioni per le quali l’Italia è entrata nella guerra e nella guerra ha perduto tre milioni di uomini e tre quarti della sua ricchezza. Se, per l’Italia, il trattato di pace non sarà tale da esaurire e soddisfare queste ragioni, è una morbosa illusione pensare che la pace sarà sulla vecchia terra di Europa. La pace delle idee è una pace senza passato e senza