LA DIPLOMAZIA PUBBLICA. Se io fossi elettore, esigerei dal candidato che si presentasse a postulare il mio voto un sommario esame sulla storia della Rivoluzione francese, e quindi la promessa giurata di non trasgredire a questo comandamento : Non ripetere mai più, vita tua naturai durante, le parole e le formule che hai appreso in quella storia. — E ciò, mi affretto subito a chiarire, non per fare atto di poco rispetto verso la Rivoluzione francese, anzi per impedire la deformazione delle parole e delle formule che nel tempo e nell’atmosfera in cui fiorirono ebbero la loro ragione ed ora non l’hanno più. E poi anche per assicurare una qualche varietà, se non originalità, alla letteratura politica che si esaurisce e si umilia, e ci opprime, nella ripetizione. L’animale politico è già triste per se stesso. Considerate se si presenti sotto le forme del pappagallo, la bestia più triste dell’emporio zoologico. Novantanove su cento, le parole che si dicono, e gli atti che si compiono nelle supreme crisi della vita europea non sono ancora che gli echi e la proiezione dei gesti della Grande Rivoluzione. Non c’è via di mezzo : o l’umanità non ha più fantasia politica, o non è ancora matura per una nuova Grande Rivoluzione. Dagli Stati Generali al Direttorio, i Francesi crearono e inventarono, tra il fuoco ed il sangue, giorno per giorno, un nuovo linguaggio po- — 151 —