La legge 27 gennaio 1809 di Napoleone sugli Archivi del Ministero degli Affari esteri, reintegrati e restituiti agli antichi onori, è preceduta da una Relazione del signor d’Hauterive, che dice, fra l’altro : —- I documenti che questa legge protegge contengono le tradizioni, le volontà, le aspirazioni del nostro paese. Dobbiamo noi offrire ai nostri nemici, gratuitamente, il secreto delle nostre aspirazioni, rivelare la via per la quale tentiamo far diventare realtà le nostre aspirazioni ? Ed è qui tutta la questione. O si sopprime il concetto e il fatto della lotta per la vita in genere, per la vita politica in ispecie, o di contro all’individuo, al partito, alla nazione, bisogna sempre ammettere un avversario, un nemico, o per lo meno un concorrente. Indispensabile offrire all’avversario, al nemico, al concorrente, i piani della nostra azione, i fini che con l’azione vogliamo raggiungere? Ma che cosa poi si intende per secreto diplomatico nella vita politica moderna? Si intende forse la stessa cosa, che si intendeva, una volta, colla formula, divenuta oramai melodrammatica, del « secreto del Re » ? È sperabile nessuno voglia o pretenda di identificare le due cose. Ma se, a parte i modi e le forme di attuazione, era giusto e giustificato l’istinto di ribellione negli uomini della Rivoluzione francese contro il « secreto del Re », contro, cioè, la politica estera fatta esclusivamente dal Re, con uomini di sua fiducia, tratti dalla sua Corte, non dal Parlamento, cioè dalla rappresentaza della nazione; chi può dire che sia giustificata la diffidenza e la discussione contro il secreto diplomatico, che non è oggi altro che il secreto delle condizioni di un trattato, degli articoli di un contratto, che nel suo spirito e nei suoi fini è e non può non essere di ragion pubblica, poiché fatto da un governo che esce dalla rappresentanza nazionale, e ratificato dalla Camera, che