una goccia di sangue, nè una goccia di sego : nè un’oncia di buona volontà : nulla. Egli era e rimaneva croato e austriaco. E dopo la decisiva giornata di Vittorio Veneto, dopo che l’esercito italiano ebbe distrutto l’esercito austriaco e insieme l’impero degli Absburgo, eccolo, al suo posto il signor Trumbic — e quando dico il signor Trumbic, intendo, lui o un altro, il rappresentante dei croati insomma — eccolo, là,, dalla parte dell’Austria battuta, a organizzare la truffa della fiotta di Pola ai danni dell’Italia vincitrice ! Eccolo, il croato : sempre lo stesso : sempre il nemico giurato, il nemico pagato, dell’Italia e degli italiani. E quelli dell’elmo di Scipio lo avevano già solennemente tradotto e festeggiato in Campidoglio ! E le oche tacquero : esse che pure devono ancora avere nelle fibre della gola il tremito del grido che diedero all’assalto dei Galli. La truffa di Pola avrebbe dovuto smagare gli occhi e gli intelletti anche dei più ciechi ed illusi. Quella era non soltanto la prova, o la rivelazione, dell’immutato animo del croato, ma era, ch’è peggio, la rivelazione insieme e la prova, o la riprova, dell’inganno che aveva circuito e penetrato tutto intero il famoso Patto di Roma, e che tendeva — poiché l’audacia del croato non ha limiti fermi nel delitto — a distruggere ed annullare anche il Patto di Londra. Che cosa era infine il Patto di Roma se non una leva per scardinare il Patto di Londra? E quando si pensi alla complicità immediata che ha trovato la truffa di Pola, e alle insidie alle quali è ancora esposto dopo la nostra vittoria il Patto di Londra, si ha ragione di domandare ai jugoslavofili d’Italia se si sono essi mai resi conto, e se hanno mai avuto coscienza del pericolo al quale hanno esposto il loro paese con la loro diplomazia prima, con le loro lotte dopo, per discreditare ed abbattere il Ministro degli Esteri che non volle aprir le mani per far cadere nel tranello croato il Patto di Londra. Come la flotta di Pola, così ci sarebbero stati contestati i diritti già ri- — 221 —