conosciuti nel Patto di Londra — e noi ci saremmo presentati al Congresso di Parigi col danno e con le beffe della nostra tragica imbecillità. È vero, sì, che avremmo avuto in compenso la graziosa amicizia del signor Trumbic, come abbiamo avuto la riconoscenza del signor Pasic dopo che abbiamo due volte negato all’Austria il nostro concorso per distruggere la Serbia e abbiamo salvato e tratto a riva i resti dell’esercito serbo laceri e sbandati nella sconfìtta, lungo le retrovie della Macedonia. Eppure, infuria ancora la polemica interna sulla Jugoslavia, e v’è ancora gente che affatica il cervello nei giornali e la gola nei teatri e nelle vie (non comprendo perchè i socialisti che sono stati sempre lontani da queste polemiche, scendano anch’essi in piazza, con gli altri) per sostenere e difendere, nel nome di non si sa quale degenerata libertà e umanità, i delitti dei truffaldini di Pola, contro i chiari ed evidenti diritti degli italiani di Fiume, di Zara, di Sebenico, di Spalato, e insieme contro i diritti di tutta l’Italia e della vittoria italiana. Grada capta, vinse e tenne a sua volta il fiero vincitore. E così l’Austria vince e tiene oggi l’Italia, dopo la sconfitta. Ma la Grecia tenne Roma con le arti. E l’Austria tiene invece l’Italia — perdona, o Dea Roma ! — coi suoi croati. È la sua postuma vendetta. Ognuno usa, del resto, le arti che ha. E le belle arti dell’Austria sono i Croati. Non sarà dunque forse inopportuno che, mentre la propaganda croata séguita a compiere all’estero la sua torbida gesta diffamatoria contro l’Italia, noi eserci-citiamo la nostra pazienza nel raccogliere ed esaminare tutti i testi della propaganda jugoslavofila interna: tanto per dimostrarne al pubblico, e possibilmente anche agli autori, tutta l’iniquità politica e tutta la mostruosità intellettuale. - 222 -