centemente, che prendere atto di questo stato di fatto. Discutere dell’italianità dei paesi italiani dell’Adriatico : discutere dell’aggiudicazione di questi paesi dopo la loro manifestazione, corrispondente alla loro essenza nazionale, verso l’Italia : sarebbe lo stesso come annullare l’opera della guerra e le ragioni della guerra oltre che della natura. Il Congresso verrebbe così a sostituirsi all’Austria : verrebbe a continuare la personalità dell’Austria e l’opera di snazionalizzazione invano tentata dall’Austria nel pieno della sua lotta e della sua oppressione. Che Wilson aspiri a diventare il Metternich di questo Congresso contro l’Italia, e Lloyd George il Tisza, noi non vogliamo credere. E se fosse, dovremmo impedire per il loro buon nome, e per il buon nome dei paesi che rappresentano, che essi arrivino fino al fondo della loro aberrazione. O che vogliano, al posto dell’Austria, diventare essi i padroni e i signori dell’Adriatico, e internazionalizzarlo ? Nessun trattato di pace può essere consentito dall’Italia o firmato dai Delegati italiani, che contenga una rinuncia a terre e a genti italiane — o che contenga un’abdicazione alla assoluta e legittima influenza dell’Italia nel suo mare troppo a lungo conteso ed offeso. Non è più lo stile della letteratura politica dei nostri giorni, ma il signor Wilson può leggere nei volumi di Mazzini che la Superba gli ha offerto in dono augurale, queste parole, che nello stile biblico del grande profeta delle nazionalità rivelano tutta la religione delle aspirazioni italiane : « La maledizione di Caino aspetta qualunque dimentichi che mentre un solo dei fratelli geme nell’abiezione della servitù e non posa tranquillo e lieto d’amore sotto la sacra bandiera dei tre colori, ei non può aver patria nè meriti di averla ». E Mazzini non parla delle possibili insidie di altre genti sull’Adriatico di cui parla Cavour. Ma - 293 -