avevano torto, dal canto loro, quando opponevano alla guerra degli imperi centrali la guerra di due paesi democratici e costituzionali fondati sulla Legge e retti da capi responsabili. Torto ebbero gli antichi partiti democratici e pacifisti d’Italia, per esempio, nel considerare la guerra democratica non più in relazione con le due democrazie in lotta contro gli Imperi centrali, ma in astratto, come il mezzo per attuare gli antichi ideali del pacifismo, e raggiungere finalmente la sfera del regno d’Utopia. Noi avvertimmo il pericolo, quando si trattò di ragionare la necessità della nostra guerra : il pericolo di ridurre a una guerra di parte, una guerra nazionale : il pericolo di ridurre a una guerra di principi una guerra che aveva i confini italiani per suoi scopi essenziali e inalterabili : il pericolo, infine, di dare un contenuto ideologico, e quindi per se stesso incoercibile e infido, a una guerra che aveva naturalmente il suo contenuto concreto e tangibile, che solo poteva e doveva valere a raccogliere l’unanimità dei consensi e dei sacrifizi. Bastò, infatti, l’annunzio della guerra democratica per creare le diffidenze e incoraggiare le renitenze degli elementi più torpidi e restii nella compagine del paese. E la guerra si fece, in massima parte, nella discordia nazionale, in tutti i sensi : discordia che i motivi politici dell’interventismo, così detto democratico, dovevano, nella loro parte, alimentare; anche perchè essi rappresentavano al disopra dello stesso ardore patriottico e militare dei fautori, un permanente contrasto con la realtà storica della guerra in genere e della guerra italiana in ispecie. E la realtà è una terribile giustiziera, anche delle più nobili idee e delle più generose illusioni; e qualche volta essa fa trovare nel paniere, recise inconsapevolmente dalla nostra stessa mano, più che dalla sua, le nostre teste che han concepito, di là dal bene e dal male, quelle illusioni e quelle idee. Non è senza significato il simbolo di Salomè, che fa la danza attorno