di accogliere il plebiscito di Fiume, a nessuno dei cin-quecentomila morti italiani che giacciono su dal Piave all’lsonzo, a nessuno dei quattrocentomila storpi e mutilati che vagano per le terre d’Italia si darà a intendere e credere. Se si trattasse di una questione tra i nostri morti e feriti di guerra e i Croati — nessun dubbio che a quest’ora essa sarebbe risolta a favore dei primi, senza neppur l’ombra della discussione e della conte-stazione. Ma si tratta, purtroppo, di ben altro. E si tratta di questo : che i banchieri, gli azionisti delle Grandi Società di Navigazione, i capitalisti e gli uomini di affari delle tre nostre grandi Potenze alleate vogliono essi il dominio dell’Adriatico, per l’O-riente: vogliono essi Fiume, tra Danzica e Costantinopoli, per compiere quella linea di potenza marittima e commerciale, che sino alla vigilia della guerra e durante la guerra si è gridato volessero a loro esclusivo benefizio i banchieri e i capitalisti e gli uomini di affari della Germania e dell’Austria-Ungheria : vogliono essi sostituirsi, come un vero e proprio Stato, uno Stato di nuovo genere e nuova formazione, al posto degli Stati che hanno loro base storica e politica nella loro stessa giacitura naturale. I Jugoslavi non sono che i prestanomi di questi uomini d’affari e la Jugoslavia non è che la maschera politica di questa enorme impresa marittima e industriale che si vorrebbe elevare sulle rovine di due imperi, e per la quale in fin dei conti avrebbe dovuto versare il suo sangue in quattro anni di guerra la più nobile e bella giovinezza d’Italia! Ma tutti gli italiani affermano che si disseccherà prima l’Adriatico che una tale impresa abbia il successo che i suoi promotori e fautori si ripromettono e sperano. Gli americani e gli inglesi non faranno i loro affari sulle pelle degli italiani. Per comprendere l’opposizione a Fiume italiana, bisogna pensare contemporaneamente alla proposta di Wilson perchè Danzica fosse attribuita alla Polonia — 308 —