Piave! Voi, feriti e mutilati di tre anni di battaglie, ruderi sacri della più bella giovinezza, trofei viventi del più grande onore di nostra storia e di nostra gente! Voi, voi soltanto, degni di celebrare, sotto il cielo di Roma, il gran rito della Patria antica, della Patria ricostruita nella legge e nei termini che Roma aveva segnati. Perchè, questo che ieri si è compiuto non è — pensate — un grande avvenimento politico e militare della guerra europea : ma è il più grande avvenimento che da duemila anni a questa parte nella storia europea si sia compiuto, per opera e fatto di quelle stesse genti d’Italia che le invasioni barbariche, rotto il confine da Giulio Cesare fissato nelle Alpi che portano il suo gran nome, parevano dovessero sommergere e spegnere, e oggi invece risorgono a difesa loro e a difesa di tutta l’umanità. Interrotta per duemila anni, la storia di Roma ripiglia oggi il suo gran corso regale dopo domati e scacciati tutti i nepoti dei barbari, che avevano in questa guerra tentata l’ultima riscossa per abbattere definitivamente i segni di Roma nella civiltà europea, e sulla rovina piantare i segni di Arminio — di quel-l’Arminio di cui il Kaiser credeva e diceva di essere l’ultima incarnazione per la definitiva gloria e l’imperio delle genti germaniche. L’Europa perdette il suo stabile equilibrio, quando l’Italia perdette i suoi confini romani. E ritrova oggi e riavrà domani questo stabile equilibrio, sol perchè l’Italia i suoi confini romani ha finalmente raggiunti e conquistati e nell’avvenire riterrà. Solo la mente abbrutita dei piccoli mestatori nel commercio elettorale poteva non intendere nè comprendere nel nostro paese il grande significato della guerra italiana nella guerra europea, e definire quindi e discreditare come retoriche quarantottate le agitazioni per Trento e Trieste e, peggio, come tradimento la rottura — 180 —