nobili paesi e tre nobili Stati viventi, si può dire, in un’atmosfera di principii ultra sottile e raffinata, bisogna che acquistino quel sesto senso della realtà politica che la Germania ha in sommo grado sviluppato, e che essi, non ostante la varia leggenda del loro militarismo, del loro positivismo e del loro machiavellismo, nemmeno dopo gli ammaestramenti della guerra, han tentato di acquistare ed esercitare. Si sente, si comprende che, nell’insieme, nel concetto e nell’azione di queste tre illustri potenze, è qualche cosa che turba la sicurezza dei movimenti, che sconvolge i processi direttivi, che interrompe le correnti lungo il filo conduttore. Sono vecchie idee, non tutte cadute? Vecchi interessi, non tutti convinti di mutare? Vecchi disegni, non ancora decisi a dissolversi e svanire? Io non so. E vorrei sapere. Perchè vorrei che non ci fossero equivoci fra genti che combattono nella stessa ora, nello stesso campo. Certo (e bisogna pure che qualcuno dica quello che può essere ragione di preoccupazione in molti) come l’Italia è tutta uscita dalla Triplice Alleanza, non pare che anche gli alleati siano usciti dalle loro antiche combinazioni, e pare invece che seguitino a portare al piede le loro antiche catene che fan tardo il passo e stentata ed incerta l’azione. E mentre la Germania alleggerisce sempre più il peso della sua barca, gittando lungo il viaggio molte delle sue idee antiche e dei suoi antichi propositi e spropositi, l’Intesa porta intatte le sue zavorre e non si sente l’animo di liberarsi nè di un’idea, nè di una aspirazione, nè di un ricordo, nè di un personaggio, importuni. Eppure la guerra dovrebbe aver rafforzato il muscolo del cuore e fatto anche più attivo il sangue nei cervelli, sì da rendere l’uno più atto a sopportare il peso dei nuovi sentimenti che si formano ad ogni giorno che arda, e l’altro più rapido nel trasportare le idee che ad ogni giorno si rinnovano nelle fiamme. Chi può dire che gli obbiettivi della guerra siano oggi quelli — 81 —