tarsi o sbandarsi sarebbe lo stesso che perdersi — e perdere insieme le ragioni della guerra e le ragioni della pace. Una forza in tanto orrore di inganni, deve sorreggere la nostra resistenza : ed è la forza che deriva dalla coscienza del nostro diritto, e, quel che non guasta, dalla lealtà e dalla nobiltà della nostra azione, durante i pericoli corsi da quelli che non erano ancora nostri alleati, quando noi risolvemmo di scendere in campo per evitar loro la prima disfatta, cioè l’estrema rovina. Il ginocchio della Germania li premeva sul petto e avrebbe fatto loro perdere per sempre il respiro quando noi apparimmo come salvatori sull’orizzonte delle loro sventure. E tesero allora ansiosi le braccia al nostro apparire, e piansero per commozione tutte le loro lacrime al cospetto delle nostre bandiere, di cui oggi mostrano appena di riconoscere i colori, e promisero e giurarono su tutti i loro morti, che cadevano a migliaia sotto i colpi del fiero invasore, che mai più avrebbero dimenticato il servigio reso dall’Italia alla civiltà — la loro civiltà — quella civiltà ch’essi oggi insieme barattano sul mercato della Jugoslavia che tentano di creare per i loro banchieri e i loro affaristi ai danni delle genti italiane: o che importa? Noi facemmo allora quel che credemmo nostro dovere di fare, e non ci pentiremo di aver fatto. Ma nell’ora in cui vediamo, così sereni ed immemori i rappresentanti della Francia e delPInghilterra al Congresso di Parigi, non trovare in se stessi e nei loro ricordi, e nei pianti della loro guerra di contro al freddo sfori dottrinario del signor Wilson contro l’Italia, nessuna di quelle ribellioni e di quelle insurrezioni che l’Italia intera provò di fronte all’altro sport, altrimenti feroce e sanguinario, del Kaiser e dei suoi eserciti agli sbocchi di Char-leroi e del Mar del Nord, abbiamo per lo meno il diritto di ricordare noi per loro e per la gloria dei loro morti. Oh, certo, essi fanno bene a mostrarsi grati — 301 —