misto non so più se di sorpresa o di curiosità. Ma, innocente signore, voi parlate per conto vostro, o per conto del governo francese? L’articolo, o il Rapporto che sia, del Cortes fondant esamina, con molta eccitazione, il contenuto delle aspirazioni italiane, che divide in tre gruppi : il gruppo africano, il gruppo asiatico (minore) e il gruppo europeo. Del gruppo europeoK concernente Trento e Trieste, con l’Istria e la Dalmazia fino a Cattaro e Ragusa, non dice che poche e non sentite parole, con molti consigli di prudenza alla nostra condotta, per evitare i pericoli derivanti nel futuro da troppo larghe e non largamente giustificate annessioni. Passiamo oltre ! Inutile oggi parlare della Jugoslavia, che non nomina ma sottintende. Basta avvertire il cornetto della lumaca. — Del gruppo asiatico, nessuna particolare confutazione, anche perchè non sarebbe forse opportuno mostrare precisa informazione sugli accordi degli Alleati, ma molte gravi osservazioni di principio, e qualche non ben repressa ironia sulle esagerate pretese italiane in confronto di quelle più legittime degli altri. Ma dove la calma e la gravità e insieme l’ironia se ne vanno in frantumi è nella discussione del gruppo africano. Parlare del porto di Kisimayo all’Inghilterra? (Il buon alleato si commuove anche per l’Inghilterra, senza procura.) Parlare di Gi-buti alla Francia? Ma questa sarebbe una vera e propria provocazione, fatta nell’ intento di una risposta negativa, per potere quindi andare a dire al pubblico italiano : « Vedete, gli Alleati non vogliono darvi quello che vi spetta ! » Un fiero tiro, insomma, dei germanofili e dei neutralisti, di quelli che non volevano la guerra e ora a guerra dichiarata tentano di fare il gioco ben noto, che riesce sempre, de la suranchbe. All’armi ! — Io rispondo : un po’ di calma. Non c’entra il neutralismo e il germanofilismo nelle questioni di Kisimayo e di Gibuti; e non è il caso di invocare l’intervento della Censura in Italia contro i — 141 —