sulle rive dell’Isonzo e sulle balze del Trentino. Ecco, dunque, quello che più importa : che l’Italia e gli Italiani siano, e appaiano alla prova, all’altezza delle più gravi situazioni; che l’Italia e gli italiani siano e appaiano maturi per le più grandi opere e le più grandi imprese; che l’Italia e gli italiani abbiano in se stessi la potenzialità e la capacità di raggiungere, a paro con gli altri paesi, la più alta quota nel compito assegnato dal Destino. Che l’italiano, individualmente, abbia il coraggio di sfidare un nemico anche dieci volte meglio armato e sperimentato di lui nelle armi, non è cosa che meravigli e sorprenda; nè è cosa che meravigli e sorprenda l’immolazione e il sacrifizio per una causa ideale : tutta la storia d’Italia è una storia di immolazioni e di sacrifizi. Ma l’intensità della vita morale, che consiste nel preparare, nell’ organizzare, nell’aspettare, senza preoccupazioni e senza paure, tra le fatiche e i pericoli, nel lavorare fidenti un anno, due anni, nell’ombra e nel silenzio, in vista di un giorno o di un’ora di successo : questo importa constatare — questo che pareva a tutti impossibile, prima della guerra, ed oggi ne è invece la rivelazione. L’Italia è fatta, si diceva una volta, ma restan da fare gli italiani. Ed era vero. Ma non vi pare che al fuoco di questa guerra si comincino a fare anche gli italiani? Un po’ di pazienza — e potremo salire, al momento opportuno, anche noi il Campidoglio e ringraziare gli antichi Dei di Roma. Il Destino ci riservò l’Alpe, per la grande prova. Quando la storia di questa guerra si sarà tanto allontanata nei secoli da raggiungere l’atmosfera della leggenda, questi piccoli e bruni italiani arrampincan-tisi oggi, sotto l’implacabile fuoco delle artiglierie austriache, sulle rocce nude delle montagne, a raggiungere le cime e portarvi lassù il sangue delle loro ferite e i loro cannoni, appariranno come i veri signori, i veri castellani aerei dell’Alpe, che nessuna forza umana o — 121 —