melodrammatica investitura. Ma nell’ora del pericolo, la Gran Madre battè alle porte : — « Su, figliuoli, alla riscossa! ». — E le porte s’aprirono tutte, e dalle case, dalle scuole, dalle officine, dimentichi di antiche discordie e di recenti rancori, come tocchi al cuore dalla prima voce sentita nelle culle, i figliuoli uscirono con gli occhi radianti, con gli animi palpitanti, come in un improvviso scoppio di primavera — per andar dove ? Oh, essi non avevano bisogno che alcuno indicasse la via, o dicesse il nome del nemico. Essi conoscevano di istinto la via, già tracciata dai legionari romani, e poi seminata delle croci dei loro padri, la via delle glorie e dei supplizi della vecchia e della nuova gente italica — l’ultimo supplizio, quello di Battisti — e per la nota via si misero in marcia, con saldi garetti e cuore più saldo. Per la vita o per la morte, questa volta ! Partendo dopo tanti secoli da Roma, i soldati italiani compresero che la consegna non poteva essere che una : arrivare a destino e piegare alfine il nemico alla legge di Roma. E mantengono in marcia la consegna. Noi li seguiamo, passo passo, come la loro stessa ombra, lungo la marcia sanguinante: li vediamo da lontano separarsi e ricongiungersi, piegarsi e raddrizzarsi, cadere e risorgere, senza mai posa, senza mai sosta, senza mai stanchezza : e li contiamo, o ci sforziamo ad ogni giornata di contarli, come si contano nella febbre i battiti delle vene, le pulsazioni del cuore, e li chiamiamo per nome come si chiamano nelle tempeste le stelle del cielo. Dove sono? Eccoli, oggi, tutti in alto, nel cielo di Trieste. Tutti? Quelli che mancano formeranno, nel nostro pensiero, la nuova costellazione della grande storia d’Italia. Questa guerra, che noi non provocammo, ma che accettammo come la Necessità ce l’ha imposta, ha finalmente rivelato gli italiani a se stessi, ed anche agli amici ed ai nemici. Tolti all’atmosfera asfissiante della - 66 —